La discussione non è stata sul taglio delle multe, ma che le previsioni sono state falsate da una previsione sbagliata. Addio avanzo di bilancio
12 Giugno 2022Siena rampante e anacronistica. La sfida persa
12 Giugno 2022Dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso sono emerse, perlopiù in coincidenza con elezioni amministrative, liste di candidati e vivaci associazioni portatrici di un civismo che si proclamava estraneo al sistema dei partiti tradizionali. È opportuno riflettere senza diffidenze su un panorama dalle incarnazioni variegate. La campionatura disponibile in Toscana è corposa. Il convegno senese su «Civismo. Radici, percorsi, prospettive», organizzato (21 maggio 2022) da ben sei raggruppamenti, alcuni dei quali (come l’attivissimo e incisivo «Per Siena») presenti in consiglio comunale, aveva l’ambizione di fare un primo preliminare passo per superare discorsi fitti di equivoci. Un calderone comprensivo di sensibilità tutt’altro che omogenee non può avere attrattiva né stabile durata. Il tema-fulcro era – ed è – la delineazione di un «civismo politico», non riferibile agli schemi consueti di un’architettura che si è andata disintegrando. Soltanto alcune componenti del sistema sono impegnate – il Pd in particolare, pur con fatica e ombre – nel ricostruire modalità di partecipazione e decisionale di nuovo conio. Acquisire una dimensione politica incisiva è il passaggio da varcare per evitarne il decadimento di un generico civismo a confuso rifugio di delusioni e proteste, di mugugni e malumori. La crisi dei pentastellati insegna qualcosa. Maurizio Viroli ha ribadito, aprendo i lavori, che alla base delle Costituzione italiana non stanno solo la visione sociale delle sinistre, il solidarismo cattolico e le dottrine liberali: essa è permeata di uno spirito repubblicano laico e aperto, ripreso e rilanciato a partire da una rilettura di Mazzini e da minoritarie punte riformatrici di un Risorgimento ignorato o stravolto. Emancipato dalle ideologie che hanno segnato il Novecento, scettico nell’immaginare discipline partitiche verticistiche e oligarchiche, il civismo dovrebbe assumere l’energia di un movimento plurale, sorretto da un’ottica ricavata dai fondamenti di una «cittadinanza attiva», di un patriottismo costituzionale non inquinato da nefasti sovranismi o da demagogici e mutevoli impulsi populistici. E non potrà evitare di qualificare gli orientamenti politici da assumere, costruendo e esplicitando programmi e progetti che lo identifichino. Una scelta di campo è essenziale per dissipare inevitabili accuse di strumentale attesa pronta agli sbocchi più convenienti. Per dar vita ad un Terzo Polo Civico e unificare legittime diversità in un insieme che non sia un puro cartello elettoralistico certe premesse metodologiche e ideali di un’etica condivisa sono appena un avvio. Non c’era da pretendere che l’esito di un lavoro da compiere fosse già precotto e ammannito. Ma qualcosa di più era – e resta – essenziale fin da subito. Ammettiamo che sia fuorviante tagliar corto e ricorrere sbrigativamente ai termini della topografia classica: centrodestra e centrosinistra. Fatto è che, se si vuol rafforzare l’opposizione cui dar voce, in autentica autonomia, nei banchi del consiglio e nella società civile, bisognerà fissare la rotta ed enucleare temi prioritari, interessi generali da definire. Già la denominazione di Terzo Polo Civico desta perplessità e induce a supporre una ruolo di mediazione tra due contendenti. Se alcune formazioni civiche vogliono sconfiggere le reciproche intolleranze e le volgari ingiurie che impediscono un razionale e trasparente confronto sulle prospettive di governo non si può però dimenticare la logica di una legge elettorale d’impronta binaria. Magari sgradita e foriera di trasformismi, ma inaggirabile. Un vero e credibile civismo è chiamato a introdurre innovazioni nella qualità di una politica da reinventare. Schematizzato alla buona, il civismo manifesta tre curvature. Esistono tentativi (esili) di un civismo politico dotato di una salutare tensione progressista; qua e là dilaga un civismo dedito a rabberciare liste-civetta funzionali ad una candidatura a sindaco e a catturare consensi alla cieca; non è, infine, assente un civismo-maschera, che nasconde appartenenze da occultare. Ci si definisce spesso civici per dire che non si è iscritti ad alcun partito né si accetta di essere inclusi in raggruppamenti già operanti e orientati. Nell’incontro di Siena si sono ascoltate buone relazioni. Steven Forti ha illustrato la gagliarda ascesa a Barcellona promossa da forze corroborate da un’energica e solida volontà di indipendentismo certo non esportabile come paradiga esemplare, Nicoletta Parisi ha elogiato il principio di sussidiarietà in una prospettiva eminentemente cattolica e ha disegnato le forme possibili di una cittadinanza nazionale e europea in grado di «accompagnare» le pubbliche amministrazioni nel promuovere il cosiddetto «bene comune». Sono, però, mancate voci che abbiano abbozzato un iniziale bilancio di quanto a Siena si è fatto. Mentre nota e apprezzata è l’azione del gruppo come «Per Siena», che ha svolto con coerenza un’azione strutturata e costante di opposizione al governo cittadino, contrassegnato di fatto da una coloritura fortemente leghista, le intenzioni di altri soggetti son lontane dall’esser chiaramente percepibili. L’ingenua narrazione di fiammate di protesta che assommino cifre e percentuali di non votanti o di coloro che non si siano identificati nelle disparate sigle non servono a nulla: inducono a sospettare che, in certi ambiti, s’intenda l’esser civico solo in negativo, nell’accezione più ondivaga e fragile: star fuori dai partiti o da quel che ne residua, mantenersi liberi da ogni direttrice. Magnificare il lavoro dal basso o personalizzatissime primarie come toccasana di tutti in guai è illusorio e non produce nulla, perché in «basso» e in «alto» alberga un po’ di tutto. La scelte programmatiche e il cammino da intraprendere non possono essere lasciate all’arbitrio di pur oneste volontà individuali. Indubbio se ben gestito è il contributo monitorante che può derivare dall’uso delle nuove tecnologie che la Rete mette a disposizione, e dalle tipologie di trasparenza deliberativa che consentono. Ma anche la mitizzata trasparenza di per sé non fa miracoli e non si sostanzia in un programma. Il futuro di un vasto civismo politico all’altezza delle sfide da rilevare è insomma da inventare. Rifarsi agli elementi portanti della relazione Viroli non so quanto consenta un approccio condiviso. Chi ha avuto un ruolo visibile a livello istituzionale non è un oggetto misterioso, ma ciò non vale naturalmente per tutte le esperienze, avviate o germinanti. Del resto un cocktail di brillanti citazioni da Machiavelli a Tocqueville, da Aristotele a Rousseau, è troppo ingegnosamente eclettico per coagularsi un termini coerenti ed efficaci. La bibliografia in merito a questa ondata «civica» e agli strumenti in essa più discussi o prediletti o mitizzati è voluminosa, non recente. Le direttrici dell’impegno da approfondire e concretizzare non sono univoche. Si sfogli, ad esempio, Bowling alone (1995) di Robert D. Putnam, autore innamorato dalla civiltà comunale toscana, o il Pierre Rosanvallon su La contre-démocratie. La politique à l’âge de la défiance (2006), fiducioso nell’efficacia di controlli e contropoteri. E la pagine di Bernard Manin (The Principles of Representative Government,1997), che ha approfondito le metamorfosi subite dalla rappresentanza e abbozzato la complessa transizione da una democrazia dei partiti ad una «democrazia del pubblico» o Il finale di partita (2013) di Gianfranco Pasquino: «L’imperscrutabile foresta della politica italiana appare contenere trabocchetti, incognite, rischi per i quali nessuno (con il suo ipotetico governo) ha finora predisposto rimedi. Malauguratamente, nel buio della foresta non si scorge neppure la consapevolezza dei costi e della gravità della situazione». A dire il vero il buio preoccupa, ma qualche sprazzo di luce lo squarcia.
Per quanto riguarda le elezioni amministrative per il Comune di Siena in calendario il prossimo anno già si assiste a movimenti e manovre. Il Terzo Polo Civico ha avuto l’audacia di fare la prima mossa, indicando già il nome del sindaco in Fabio Pacciani. «In Fabio Pacciani – è stato affermato dai protagonisti dell’operazione – abbiamo identificato la persona giusta per portare avanti un lavoro collegiale in un dialogo costante con tutte le componenti delle città, le parti sociali ed economiche, con le espressioni della società civile e del volontariato, ben sapendo che quello che abbiamo davanti è un lavoro complesso da affrontare con senso di responsabilità e spirito di servizio, adottando metodi di partecipazione attiva e trasparente, in discontinuità con le esperienze che abbiamo vissuto». L’educato e vago lessico in voga non fa una grinza, ma lascia volutamente aperte le prospettive di merito da privilegiare. Aver scelto il candidato sindaco manifesta la determinazione di affrontare da soli la battaglia, non mischiandosi con questo o quel cartello di soggetti. Per un eventuale ballottaggio mirate alleanze saranno, però, indispensabili. Sicché la fiduciosa mossa fatta, che punta intanto a stabilizzare il legame a sei raggiunto, evidenzia qualche rischio, nel caso che si risolvesse nel facilitare il successo fin dal primo turno di uno schieramento abbastanza ampio. I giochi sono appena cominciati. Occorrerà seguirli non risparmiando critiche o nascondendo problemi.
Roberto Barzanti