«Le nostre classi sono frequentate da circa 800 mila studenti, migranti o figli di migranti stranieri. Un decimo degli iscritti nei nostri istituti. Studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il nostro paese. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione dell’anno scolastico a Forlì. Parole che pesano parecchio nel bel mezzo della sequela di sbarchi a Lampedusa e dell’ennesima bagarre governativa sul tema.

«Tuttavia la peculiare condizione di migranti, unita alle condizioni di povertà di molte loro famiglie, fa sì che queste ragazze e questi ragazzi siano esposti più di altri a ritardi o abbandoni scolastici», ha detto ancora il presidente della Repubblica. E qui è impossibile non pensare al decreto Caivano e alla sua stretta sulla cosiddetta criminalità giovanile, con tanto di carcere (fino a due anni) per i genitori dei ragazzi che abbandonano la scuola. Mattarella poi si fa esplicito: «Rapine, omicidi, risse tra bande giovanili, intollerabili violenze e molestie ai danni delle ragazze, inaccettabili episodi di bullismo e di prepotenza che mortifica altri ragazzi. È necessaria un’azione di ampio respiro a diversi livelli. Con politiche volte a investire sui giovani e sul futuro, con interventi strutturali per colmare i divari tra i territori, con strategie per ampliare le opportunità e i percorsi di integrazione e di solidarietà».

Il disagio non si può affrontare solo con la repressione, questione che comunque Mattarella non sottovaluta, ma la mette all’interno di un orizzonte più ampio della mera punizione individuale. Così il presidente parla sì di «repressione dei reati», ma aggiunge anche di quali reati si tratta nello specifico: le «attività delle organizzazioni criminali che cercano di imporsi come violenta alternativa alla vita civile, alla legalità, alle stesse istituzioni democratiche». In tutto questo è fondamentale la scuola, che «deve correre per stare al passo con i giovani, e può farlo soltanto rendendoli protagonisti, rafforzando il dialogo tra insegnanti e famiglie, e con la realtà sociale in cui è inserita» e perché si tratta della «prima e più importante risposta al degrado. È la buona scuola lo strumento più efficace e prezioso di cui la Repubblica dispone per creare e diffondere tra le giovani generazione una cultura della legalità, della convivenza, del rispetto». Per la sua visita d’inizio anno scolastico, Mattarella non ha scelto per caso Forlì, città tra le più violentemente colpite dall’alluvione di qualche mese fa. Il presidente ha sottolineato l’importanza di avere edifici sicuri, evocando una «continua manutenzione. Anche per colmare limiti strutturali». Sulla sicurezza, non è mancata una citazione dell’alternanza scuola-lavoro, che negli ultimi anni ha fatto registrare non pochi incidenti fatali per gli studenti.