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25 Maggio 2023di Marcello Sorgi
Che i rapporti con la Commissione europea di questi tempi non fossero facili, a causa di una serie di questioni rinviate o lasciate irrisolte perché contrastano con gli obiettivi del governo, si sapeva. Ma che da Bruxelles potesse arrivare un riesame con molti dubbi espliciti su tutto il programma del destra-centro, almeno nei termini in cui la hanno illustrata ieri i due commissari Gentiloni e Dombrovskis, non era previsto. Anche perché, a un anno dalle elezioni europee del 2024, questo non aiuta le relazioni tra Roma e Bruxelles, a cui Meloni ha cercato di dedicarsi nei suoi primi mesi a Palazzo Chigi.
Si va dal “no” all’autonomia differenziata, alla “flat tax” e ai prepensionamenti, tre obiettivi irrinunciabili per la Lega, a quello contro la legge delega sulla riforma fiscale, alla bocciatura per le politiche dell’immigrazione (più accoglienza per contrastare il calo della popolazione, suggerisce la Commissione), al richiamo sull’urgenza della riforma delle concessioni balneari e del catasto. Materie sulle quali è quasi impossibile che il governo possa offrire disponibilità in tempi brevi, o perché rappresentano capisaldi del programma su cui ha vinto le elezioni e ha già preso iniziative in Parlamento, o perché legate (balneari, casa) a promesse preelettorali. Se a tutto ciò si aggiungono i ritardi sulla “messa a terra” del Pnrr, che il ministro Fitto ha cercato di ridimensionare ieri rispondendo alla Camera, e la mancata ratifica del Mes (l’Italia è rimasta l’unico paese membro dell’Unione a non aver approvato il meccanismo “Salvastati”), ne vien fuori un quadro assolutamente negativo. Ed anche se Bruxelles ha abituato l’Italia a una continua alternanza tra severi richiami e offerte di flessibilità, più o meno come avviene per altri partner “inadempienti”, non si vede da dove Meloni possa cominciare ad affrontare il lungo elenco di rimostranze della Commissione, senza mettere sotto pressione i rapporti con gli alleati della sua maggioranza. In particolare con Salvini, schierato sulla sponda euroscettica, dalla quale intende muoversi per la lunga campagna elettorale del supertest europeo dei prossimo anno.