L’articolo 2 parla della “costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati del Continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza”. Si elencano tutti i terreni immaginabili di questo partenariato, dalla “cooperazione allo sviluppo” alla “promozione delle esportazioni e degli investimenti”, lo “sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche” fino, ovviamente, al “contrasto dell’immigrazione irregolare”.
Un elenco generale e generico di cose che in larga parte sono già in atto e organizzate dai vari ministeri, ma che ora si centralizzano a Palazzo Chigi dove viene istituita la “cabina di regia”. Presieduta dalla presidente del Consiglio e formata dagli Affari esteri, Conferenza delle Regioni, Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, Ice, Cassa depositi e prestiti, rappresentanti di imprese, università, società civile e terzo settore. Tutti senza gettone tranne un pacchetto di “esperti” remunerati complessivamente con non più di 500 mila euro l’anno.
La “struttura di missione” è formata da 17 funzionari di cui quattro dirigenti, tra cui il coordinatore “individuato tra gli appartenenti alla carriera diplomatica”.