Conchita Sannino
RIMINI — Tre parole, un memento ripetuto più volte. «Nulla è gratis». L’allerta passa come un ragionamento da Meeting, ma lo stop di Giancarlo Giorgetti è tutto per i ministri. «Sarà una legge di bilancio complicata, non si può far tutto», mette le mani avanti il titolare dell’Economia e Finanze, in videocollegamento con Rimini, il primo ad aprire la carrellata degli esponenti di governo (ben 16 tra ministri, viceministri e sottosegretari, dopo il forfait di Schillaci ieri) alla kermesse di Cl.
La precedenza andrà «alle famiglie» e «al sostegno per le imprese ». È la ratifica del bagno direaltà, nel ruvido codice brianzolo. Il resto, tutto in salita. Tanto da mandare un messaggio a Bruxelles: «Anche l’Europa deve avere il senso della storia. Perchè siamo ancora in un tempo eccezionale – dice Giorgetti altrimenti diventa tutto molto più complicato e magari anche autolesionista». L’invito è secco: «Spero che l’Unione non faccia ripartire dal gennaio 2024 la clausola del Patto di stabilità». Su cui poco dopo intervengono fonti del Mef a correggere il tiro: «Il ministro auspica solo cheentro la fine dell’anno sia approvata la riforma del Patto, in modo da poter entrare in vigore al posto delle vecchie regole».
Giorgetti comunque avvisa: «Tutte le leggi di bilancio sono complicate». Questa, sottinteso, per gli effetti della crisi post- Covid e della guerra, lo sarà di più. Quindi: «Daremo l’ordine delle priorità. Dovremo intervenire a favore dei redditi medio- bassi, perché l’inflazione colpisce enormemente il potere d’acquisto. Con le altre risorse a disposizione, dobbiamo promuovere la crescita e premiare chi lavora, chi accetta di ingaggiarsi, imprenditori o lavoratori». Tra impostazione draghiana (il “maestro”) e concretezza imposta da Meloni. Discorso che arriva non a caso appena dopo l’incontro – in Puglia, domenica – tra la presidente del Consiglio e il vicepremier Salvini. Nel ribadire i punti fermi della premier: rinnovare il cuneo fiscale, pensare ai salari, rinunciando a slogan identitari o velleità elettorali.
Lo scenario resta quello di una manovra tra i 25-30 miliardi, improbabile il ricorso a nuovo deficit. «Nulla è gratis», ammonisce il ministro leghista. Indicando poi due livelli di rischio. Il primo, non troppo gradito dalla collega titolare del Lavoro, Marina Calderone, riguarda l’inverno demografico. «Non c’è nessuna riforma previdenziale che può reggere, nel medio e nel lungo periodo, con i numeri della natalità che abbiamo », per Giorgetti. L’altro nodo sta nell’estremo countdown del Pnrr. «Per il Piano di Ripresa eResilienza, mi assumo la responsabilità di dirlo: non c’è solo il tema della puntualità, fare presto .Se fare in fretta significa fare male, meglio valutare a fondo: le risorse non possono essere sprecate». E invece, argomenta Giorgetti, «colpa della Banca centrale europea, ma anche dell’immensa mole del debito pregresso», ora pesano quei «15 miliardiin più di interessi da pagare». Che potevano andare «a disposizione della crescita, delle famiglie, dell’economia reale». Quaranta giorni davanti, prima della nota del Def: e solo i numeri tracciano la strada.
Tra i tanti in ascolto, in Auditorium, anche gli esponenti del direttivo ‘Esodati superbonus’, 7mila aderenti. Angosce e filo di speranza. «La sottosegretaria ci ha promesso un incontro, voi giornali non ci abbandonate».