Lungo confronto in segreteria dopo l’uscita di Cottarelli Monito del presidente del Copasir
ROMA — Il colpo è stato incassato, ma l’addio di Carlo Cottarelli, economista e cattolico, uno degli acquisti alla lista del Pd nelle ultime politiche, voluto da Enrico Letta, non lascia indifferente Elly Schlein. Non solo perché è il quinto in due mesi – dopo Beppe Fioroni, Andrea Marcucci, Enrico Borghi e Caterina Chinnici – ma per la coerenza con cui Cottarelli si è congedato, lasciando non solo il gruppo dem, ma anche il Senato. Tanto che la segretaria del Pd gli augura «molta fortuna nella sua iniziativa accademica», ma anche spera che la collaborazione possa continuare. «Come ci siamo detti quando ci siamo sentiti, credo che pure in ruoli diversi, continueremo a collaborare in altre forme», fa sapere Schlein.
Il momento è delicato per il Pd. I cattolici dem esprimono il loro disagio e temono che un partito radicale e di sinistra non sia più la loro casa. Eppure il Pd nasce proprio su questa scommessa: unire le culture eredi del Novecento, socialdemocratiche e cattoliche.
Preoccupato è Lorenzo Guerini, l’ex ministro della Difesa, ora presidente del Copasir e leader della corrente Base riformista. Guerini lancia l’allarme, invitando a non sottovalutare le parole di Cottarelli e il disagio politico che esprimono perché «sarebbe sbagliato», e più ancora sarebbe un errore «mostrare indifferenza». Il disagio dei moderati c’è. Guerini tuttavia premette che non ha dubbi sul Pd casa di moderati e cattolici del centrosinistra: «Penso che il Pd sia ancora quel soggetto che trae la sua forza dal suo essere plurale. Per questo, se sono dispiaciuto per le dimissioni di Cottarelli e le rispetto, nel leggere le sue motivazioni trovo un limite. La nostra comunità è fondata sul dialogo e sulla ricerca di sintesi, parola antica purtroppo vituperata nell’oggi della politica, tra culture e sensibilità diverse che si riconoscono in un medesimo profilo progressista e riformatore. Se una di queste voci si spegnesse o abbandonasse il campo, il Pd sarebbe un’altra cosa, non sarebbe più il Pd». Ma gli addii sono stati appunto più d’uno e su questi l’ex ministro commenta: «Le uscite di questi giorni, certamente diverse tra loro, sono motivo di preoccupazione per me e penso preoccupino anche chi ha la responsabilità della guida della nostra comunità».
Il Pd di Schlein identitario e di sinistra sta risalendo nei sondaggi. Marco Furfaro, uno dei più stretti collaboratori della segretaria, ricorda i ventimila nuovi iscritti, la percezione diversa nelle piazze dei lavoratori: «I dem erano ai minimi storici, relegati a terzo partito del Paese e avevano nei fatti perso la guida dell’opposizione». Ma l’area riformista aspetta un segnale. «Spero che si trovi al più presto lo spazio per un momento di riflessione comune», sollecita Simona Malpezzi, ex capogruppo al Senato.
I centristi dal canto loro, cercano di approfittare degli smottamenti dem. Lo scrive Matteo Renzi nella sua e-news: «Il Pd di Schlein perde pezzi, io dico che è solo l’inizio ». Il fu Terzo Polo aspetta proprio di capitalizzare il disagio dem. A mettere a tacere voci di un suo possibile addio è Pina Picierno, europarlamentare e cattolica: «Non ho proprio nessuna intenzione di lasciare il Pd. Il riformismo non è un pranzo di gala e il mio partito è la mia casa». Chi invita a non cedere all’allarmismo è Dario Nardella: «Una volta superata questa fase di assestamento, ci sarà spazio per tutte le diverse sensibilità». Anche se per il sindaco di Firenze, «per arrivare a questo, occorre lo sforzo di tutti».