Iran, la morte viene dal cielo
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2 Ottobre 2024L’INTERVISTA
Renzo Guolo: «L’obiettivo del regime è di riuscire a riprodursi: non ha bisogno di un conflitto che porterebbe a una sua crisi letale»
Un attacco preannunciato quello di Teheran che, al di là dei proclami, segna dal punto di vista politico anche una svolta per il regime iraniano. Non certo nella direzione auspicata solo un anno fa.
Renzo Guolo, docente di sociologia dell’islam all’università di Padova, mentre il raid sta partendo viene da chiedersi – dopo aver aspettato per due mesi la risposta all’omicidio Haniyeh a Teheran – se la Repubblica islamica può sostenere un scontro militare diretto con Israele?
Direi di no. Ma la stessa comunicazione della rappresaglia è l’ennesimo tentativo di tenere al guerra “in forma”. Il problema per Teheran è di evitare un’azione che conduca a una contro reazione israeliana davvero distruttiva e che possa accelerare la crisi interna. Far trapelare momento e modalità della rappresaglia vuol dire non volere lo scontro frontale ma, come la primavera scorsa, solo di facciata. L’Iran non solo non può sostenere militarmente uno scontro con Israele, che sarebbe molto sanguinoso, ma non ne ha nessun interesse: il suo obiettivo è di riprodursi come regime e non ha bisogno di una conflittualità che porti a una crisi letale. Una rappresaglia di fatto anticipata, lascia di fatto le milizie alleate sole: Hezbollah a fianco di Hamas. A meno che, tra colombe e falchi, in un dibattito trasversale in Iran, alla fine non prevalgano i pasdaran: ma allora avrebbero bisogno di tempo, per arrivare all’obiettivo dell’arma nucleare. Tutti hanno bisogno di tempo, ma questo significa che Hezbollah dovrà gestire la risposta senza l’intervento diretto di Teheran. A meno che la contro risposta di Netanyahu non si allarghi tanto da rendere inevitabile lo scontro diretto .
Confermare da parte di Teheran la strategia dei “proxy, che equivale in questo momento ad abbandonarli, significa creare altre Gaza nella regione?
Questo potrebbe essere uno dei quadri: questo è implicito nel non trovare una soluzione politica per Gaza perché una vittoria militare israeliana trasporterà la tensione, con una guerra asimmetrica, in Cisgiordania.
Intanto in molti, a partire da Netanyahu con il suo messaggio agli iraniani, scommettono nell’implosione a breve de regime. Un gigante dai piedi d’argilla?
Forse no, ma il vero problema che da un lato il Mossad può fare ciò che vuole a Teheran e dall’altro che la strategia dei proxy è fallita. Questa strategia consentiva a Teheran di gestire il conflitto in modo indiretto e di lucrare sui vantaggi politici stando alle spalle dei combattimenti. Oggi questa strategia, paradossalmente, è messa in discussione dai colpi che ha portato a Netanyahu. Ora Netanyahu, assieme ad Hamas e con Hezbollah, ha rovesciato pure le carte: sarà più semplice per Israele raggiungere una soluzione militare soddisfacente.
La strategia dei proxy è fallita: il 7 ottobre doveva dare un colpo mortale, e invece Teheran lo ha ricevuto. Siamo per forza a una svolta per l’Iran?
Per questo dicevo che l’Iran ha bisogno di tempo, che è un fattore politico. Il regime deve passare questa “piena burrascosa” e tentare di salvaguardarsi. Tutto questo, a mio avviso, accelererà la crisi interna, ma non è detto che questo significhi di per sè la sua caduta. Una situazione che potrebbe aprire a una soluzione militare con i pasdaran che potrebbero pensare di gestire direttamente il Paese con una versione non più islamista ma islamo-nazionalista, dimostrandosi meno ancorati a determinati principi religiosi e stando più attenti al quadro politico esterno. L’altro nodo, non detto, è che Israele, se avesse il via libera, andrebbe a colpire i reattori nucleari iraniani.