ROMA — A Palazzo Chigi la comunicazione è attesa a ore. La Commissione europea non farà sconti: i progetti per gli stadi di Firenze e Venezia dovranno essere stralciati dal Pnrr. Il sentore della bocciatura è così forte — o almeno così assicurano le fonti di Palazzo Chigi a conoscenza del dossier — che il governo sta già pensando alla contromossa. Non si opporrà alle conclusioni di Bruxelles. Tutt’altro. Impuntarsi significherebbe ritardare ancora l’incasso della terza rata, che vale 19 miliardi. Ma le ragioni superano anche il valore contabile della posta in gioco: insistere ancora, dopo settimane di trattative, rischierebbe di compromettere un clima che invece si punta a distendere. Perché la partita si gioca su un campo ancora più largo: la revisione dell’intero Piano di ripresa e resilienza.
La contromossa, dunque. Corre lungo due direttrici. La prima: chiarire all’opinione pubblica che la responsabilità dei progetti per gli impianti sportivi è del governo precedente, cioè dell’esecutivo di Mario Draghi, che li ha elaborati. «Uno dei tanti pasticci che ci siamo ritrovati a dover gestire», chiosa una fonte di primo livello dell’esecutivo. La seconda gamba dell’ exit strategy è contenere l’impatto del cartellino rosso, costruendo le condizioni tecniche e di bilancio per non cestinare i due investimenti. Appena ieri il sindaco di Firenze DarioNardella ha rivendicato il lavoro fatto per dimostrare a Bruxelles che la riqualificazione dello stadio Artemio Franchi è legittima: «Onestamente — ha detto — sarebbe incredibile se bocciassero il progetto dal punto di vista tecnico». Il governo sa che dovrà gestire il malcontento delle comunità locali, nel capoluogo toscano come a Venezia. Ecco perché attiverà un tavolo con le due amministrazioni interessate, con l’impegno a finanziare il restyling. La stima dei costi non è inferiore a 140 milioni: il veicolo per la spesa deve essere ancora individuato (tra le ipotesi l’utilizzo dei fondi del Piano nazionale complementare), ma il dato che conta è che gli interventi verranno confermati. Risolto così il nodo degli stadi, la strada per portare a casa la terza rata si fa in discesa. Dall’incontro tra il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto e Matteo Salvini, titolare delle Infrastrutture, è arrivata la soluzione sulle concessioni portuali, altra questione attenzionata da Bruxelles. Si è parlato anche di opere, in particolare di ferrovie: alcune tratte saranno “definanziate”. E Salvini, a sua volta, ha ragionato di Pnrr con Giorgia Meloni, nel corso di un lungo pranzo a Palazzo Chigi. Voluto dalla premier, tra le altre ragioni, anche per invitare il leaderdella Lega a non alzare polveroni contro l’Europa. Ma i toni non bastano a risolvere i problemi che il governo ha con il Pnrr. Nei bilaterali che Fitto ha avuto con altri ministri è emersa la necessità di verificare se tra i 27 obiettivi che scadono a fine giugno ce n’è qualcuno che è irrealizzabile nei tempi previsti. In bilico ci sono gli asili nido. E un nuovo atto della trattativa perpetua con Bruxelles.