Azione e Italia Viva soddisfatte, puntano a fare come in Francia e raccogliere i voti degli scontenti I pentastellati: con Schlein più facile fare alleanze elettorali, ma tra i nostri partiti ci sarà più rivalità
LE REAZIONI
alessandro di matteo
Ci sono degli spettatori interessati, interessatissimi, al congresso Pd. Sia i centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi che il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte osservano con attenzione quello che accade al Nazareno, perché fa gola il patrimonio di voti dei democratici, soprattutto in vista delle Europee del 2024. E a caldo sembrano Azione e Italia Viva quelli più contenti del risultato delle primarie. Tutto viene valutato avendo ben chiara la data del 2024, quando si voterà per le Europee, sarà quello il momento della sfida finale al Pd, o la va o la spacca, con 5 Stelle e centristi che, per una volta, hanno un interesse comune: provare a fare come in Francia, dove Emmanuel Macron dal centro e Jean-Luc Mélenchon da sinistra hanno svuotato il Partito socialista. La tenaglia è in azione da mesi, e poco importa che l’assalto non sia andato a segno alle Politiche e alle Regionali di due settimane fa: la vera partita, appunto, si gioca alle Europee e anche i commenti a caldo sulle primarie Pd confermano che almeno per un altro anno i rapporti nel centrosinistra resteranno difficili.
Il dato dei gazebo Pd fa sorridere soprattutto Calenda e Renzi, perché ne esce un Pd che «inevitabilmente dovrà guardare molto a sinistra», dice un parlamentare di centro. Maria Elena Boschi lo dice chiaramente, quando ancora lo spoglio è alle prime battute: «Penso che nella politica italiana cambieranno molte cose. Si apre una stagione molto interessante per i riformisti». Le primarie fanno svoltare il Pd a sinistra, il dato di Elly Schlein fa il gioco dei centristi perché lascia intravvedere grandi spazi da conquistare al centro. Esattamente il progetto di Calenda e Renzi. Il leader di Azione già prima della chiusura dei gazebo incalzava Pier Luigi Bersani. L’ex segretario Pd ha spiegato di avere sostenuto Schlein perché aveva «meno compromessi con la tradizione renziana». Ribatte Calenda: «Valori culturali profondi. Idee chiare. Stare lontani dal pragmatismo e dal riformismo che hanno portato il Pd al 40%. Boh». Ettore Rosato, presidente Italia viva, aggiunge: «Schlein, ma anche Bonaccini, hanno detto che bisogna reintrodurre l’articolo 18, cambiare il Jobs act e allontanarsi dall’esperienza del governo Renzi».
Una vittoria netta di Stefano Bonaccini con uno scarto simile a quei 18 punti registrati tra gli iscritti avrebbe aperto «praterie» ai 5 Stelle, come dice qualche parlamentare M5S. Lo spiegava qualche giorno fa anche Andrea Orlando, che ha votato Schlein: «Un partito che si sposta su una posizione più moderata. Questo lascerebbe un grande spazio al Movimento 5 Stelle». Cosa che, appunto, riecheggia anche nelle parole di qualche parlamentare 5 Stelle: «L’agenda di Elly Schlein è molto più simile alla nostra, questo rende magari più facile fare alleanze col Pd, ma certo dal punto di vista della competizione interna al centrosinistra rende le cose più complicate…». Più difficile cercare di rosicchiare voti ad un partito che su alcuni temi-chiave ha posizioni simili alle tue.
Giuseppe Conte più volte in queste settimane ha ripetuto: «Noi abbiamo bisogno di chiarezza. Abbiamo bisogno anche di rapportarci con altre forze politiche con cui possiamo chiarirci su obiettivi politici, e questo lo si può fare se il Pd tira fuori una chiara identità e una chiara visione al di là del segretario nuovo che verrà certificato all’esito di questo congresso». Solo che, appunto, si pensava che la «chiarezza» sarebbe stata un Pd più spostato al centro.
Ora dal quartier generale M5s commentano con cautela il vantaggio di Schlein, dicendo che non mancheranno occasioni di confronto: «Vedremo se questo Pd sarà dalla nostra parte per ciò che riguarda una seria lotta a stipendi bassi e precariato, sostegni al ceto medio e all’impresa, e a favore di un vero ambientalismo. A cominciare dalla questione sul salario minimo». E anche il vicepresidente M5S Michele Gubitosa ribadisce una certa distanza: «Al di là di chi è diventato segretario del Partito democratico a noi interessano i temi: aumentare gli stipendi dei lavoratori a parità di costi per le imprese, salario minimo legale e non il pannicello caldo proposto dal Pd durante il governo Draghi, lotta senza quartiere a mafia e corruzione, no agli inceneritori e transizione ecologica, protezione dei cittadini in difficoltà. Ci sediamo al tavolo solo con chi condivide i nostri temi». E di sicuro, aggiunge, «non ci interessano cartelli elettorali con il sesto polo di Renzi e Calenda».