
Il corpo come gettatezza dell’esserci
8 Giugno 2025Editoriale
Leggo con attenzione e rispetto l’articolo di Orlando Pacchiani. C’è del vero: la politica senese è afona, divisa, autoreferenziale. Ma siamo oltre. Qui non si tratta più di contrapposizioni tra schieramenti o di difficoltà a comunicare. Siena è una città che ha smesso di decidere.
La crisi che attraversa il capoluogo non è superficiale né passeggera: è una crisi di funzione, una perdita di ruolo, un vuoto di direzione. La politica locale si muove per inerzia, parla di metodo ma non affronta mai i contenuti. Si discute di tattiche, di alleanze, di nomi da spostare da uno schieramento all’altro. Nomi che spesso hanno un prezzo, magari spendibili sul piano numerico, ma irrilevanti sul piano delle idee.
Nel frattempo, le decisioni che contano si prendono altrove. Chi governa si adegua, chi si oppone assiste. Il vuoto si riempie di silenzi e ritualità. E intanto la città arretra.
Il Biotecnopolo — che avrebbe potuto segnare una discontinuità — si è trasformato in un progetto opaco, senza trasparenza né protagonismo cittadino. L’università, che un tempo era il cuore pulsante della città, oggi appare isolata, sempre più scollegata dalla vita reale e dalle necessità di sviluppo. Il centro storico si svuota, ma nessuno propone una politica abitativa all’altezza. Intorno, il tessuto economico e sociale si frammenta, senza una visione capace di tenerlo insieme.
La frattura vera non è tra centrodestra e centrosinistra. È tra una politica ridotta a gestione della sopravvivenza e una città che avrebbe bisogno di rigenerarsi. Per farlo servono scelte. Servono visioni. Servono parole nuove, che abbiano il coraggio di rompere il cerchio chiuso dell’autoreferenzialità.
Siena ha bisogno di un’altra politica. Una politica che metta al centro le persone, il sapere, il lavoro, l’abitare, la cultura pubblica. Che guardi avanti, senza cedere alla nostalgia e senza farsi dettare l’agenda da chi opera fuori dal perimetro del confronto democratico.