Vita da Pitonessa
29 Giugno 2023Europa amara, Meloni contro tutti prima del Consiglio Ue
29 Giugno 2023
di Massimo Franco
La determinazione sulla politica estera è vistosa. E conferma la volontà di Giorgia Meloni di continuare su una strada che la accredita sia in Europa, sia agli occhi degli Stati Uniti. Su questo, anche ieri in Parlamento, alla viglia del Consiglio europeo di oggi e domani, la premier non ha concesso nulla: nemmeno ai settori della sua maggioranza più tiepidi verso il sostegno all’Ucraina. Forse per questo ha lasciato un residuo di ambiguità sul Mes, il controverso fondo salva-Stati: come se sapesse che prima o poi l’Italia lo dovrà ratificare.
Ma il governo lo farà avvertendo che comunque si tratterà di un «sì» controvoglia, al rallentatore: un’esitazione che nasce dalla necessità di concedere qualcosa a chi, a destra, fatica a digerire una riforma demonizzata troppo a lungo. Per questo Meloni ha evocato la strategia del «pacchetto»: una trattativa con le istituzioni europee che inserirà la ratifica in un negoziato allargato alle regole del nuovo Patto di stabilità; e che dunque richiede tempi più lunghi. È un gioco complicato ma in qualche misura obbligato.
Basta registrare il «no» al Mes di una Lega pronta a farsi scudo delle dichiarazioni passate di Palazzo Chigi; e decisa a presentarsi come guardiana di un’ostilità ai «signori di Bruxelles» destinata a radicalizzarsi da qui alle elezioni europee del 2024. «Ci dica Meloni cosa fare», ha ribadito ieri il vicesegretario Andrea Crippa. «Nei mesi scorsi ha detto le stesse cose di Matteo Salvini sul Mes. Attendiamo una sua indicazione per procedere». È tattica, e difficilmente la Lega potrebbe dissociarsi in caso di ratifica. La leader di FdI ha ancora una parte consistente del Paese alle spalle.
E gli alleati possono poco per intaccare i consensi di cui gode; ancora meno le opposizioni. In parallelo, però, il Carroccio manda un avvertimento e un segnale all’elettorato euroscettico. Per questo il governo vive settimane di tensione, e dilata i tempi di alcune decisioni. A questo si aggiunge il caso del ministro del Turismo, Daniela Santanchè. La sua gestione di alcune società che amministrava è diventata sempre più ingombrante, per il governo e per il partito della premier, a cui appartiene.
Il «sì» a un ordine del giorno del Pd che chiede di sanzionare chi ha usato «in modo fraudolento» la cassa integrazione creata ai tempi del Covid sembra rendere più precaria la sua posizione. Chiama in causa una società editrice, la Visibilia, controllata in passato da Santanchè. Ma non è chiaro se questo preluda a sue dimissioni; o a uno scontro esacerbato tra governo e opposizioni. Di certo non spazza via un nervosismo del quale si è colto un riflesso nel discorso di Meloni in Parlamento, con l’accusa alle opposizioni di «aizzare l’Europa» contro il governo.