L’assedio della Lega al ministro, il grande freddo con Salvini: “Sembra Lamorgese” L’ex prefetto rintuzza si fa meno “tecnico” rinnova lo staff e si avvicina alla premier per evitare i rischi da rimpasto
ROMA — «Sembra la Lamorgese». In casa Lega, quando si parla di Matteo Piantedosi, è questa l’espressione più utilizzata. E non è proprio un complimento, considerando gli strali dei leghisti contro la ministra di Conte e Draghi. A conferma del grande freddo tra il partito di Matteo Salvini e il ministro dell’Interno ormai ex braccio destro di Salvini. Un gelo che rischia di diventare qualcosa di più nelle prossime ore. E i segnali perché si arrivi anche a una clamorosa rottura ci sono tutti: le bordate contro la gestione dell’immigrazione, con Roberto Calderoli (e non solo lui) che si è spinto a dire che «con Salvini» le cose sarebbero andate diversamente. I mancati inviti alle manifestazioni della Lega, che nella sua comunicazione nomina sempre i propri ministri, tranne Piantedosi. E, ancora, l’intervista a Repubblica di Andrea Crippa, megafono del segretario leghista, che chiede un cambio di passo sui migranti; Riccardo Molinari che dice in tv che «all’Interno doveva andarci Salvini».
Di fronte a tutto questo cosa fa il ministro Piantedosi, piazzato lì dalla Lega? Naviga a vista, cercando di evitare strappi con il movimentista Salvini ma rintuzzando qualche affermazione di troppo: così va in televisione a dire che «non c’è alcun complotto dell’Unione europea», (complotto evocato proprio dal Capitano). Ma soprattutto l’ex prefetto, stretto nell’abito governista come gli chiede la sua posizione al Viminale, inizia a diventare meno tecnico, più politico e prova ad avvicinarsi alle posizioni della premier Giorgia Meloni per evitare di finire schiacciato dai rimpalli di responsabilità tra i due fronti del governo. E di finire stritolato dai fallimenti sul fronte migranti.
Piantedosi appena insediato al Viminale si definiva «un tecnico». Ma adesso sostiene che no, «nonc’è ministro tecnico». Sbarratagli la strada per diventare capo della Polizia, il suo sogno nel cassetto, ha capito che da «tecnico» rischia di fare, questo sì, la fine di Lamorgese: di non avere alcun futuro politico e di finire dietro una scrivania. O peggio, di finire vittima sacrificale, in cima alla lista, di un eventuale rimpasto.
Così ha deciso di farsi intanto una squadretta di esperti comunicatori, dopo le gaffe mediatiche sui «carichi residuali», espressione riferita ai migranti dopo la strage di Cutro. Il ministro per comunicare meglio ha pescato in casa Lega, nominando un collaboratore di Luca Morisi ai tempi della «bestia» salviniana, Giuseppe Inchingolo. Una scelta gradita da Salvini, in un primo momento. Un po’ meno adesso, perché inizia a intuire che il “suo” ministro tanto suo non è più. Anche perché la seconda mossa di Piantedosi è stata quella di nominare a capo della sua segreteria Paola Tommasi, giàcollaboratrice dell’ex ministro di Forza Italia Renato Brunetta ma soprattutto in contatto con il mondo conservatore americano tanto da essere entrata nel 2016 nello staff di Donald Trump: un mondo molto vicino a Giorgia Meloni.
Un colpo al cerchio e uno alla botte, per un Piantedosi costretto a non dispiacere a Salvini ma allo stesso tempo nemmeno alla presidente del Consiglio. Un galleggiare nel mare agitato, sempre di più, tra FdI e Lega, per garantirsi una luce futura. Così rintuzza, ma non di più, le sparate dei leghisti che rimpiangono Salvini al posto suo, e dall’altro lato parla con Meloni e soprattutto con Guido Crosetto, suo riferimento in FdI.
E non a caso, garantisce chi gli è più vicino, non è stato poi tanto dispiaciuto della scelta della leader di FdI di creare a Palazzo Chigi un comitato interministeriale sul tema dei flussi migratori presieduto dal sottosegretario Alfredo Mantovano: un comitato del quale non fa parte Salvini. In casa Lega hanno letto questa scelta di Meloni come un commissariamento di Piantedosi (e di Salvini) sul tema dell’immigrazione. Ma Piantedosi non ha fatto all’apparenza una piega. Nemmeno un piccolo segno di malumore. Perché, questa la spiegazione, lui così parla anche con Meloni “condividendo” le scelte del governo in materia.
E così mentre il braccio destro del leader leghista, Crippa, chiedeva di «ritornare alla linea Salvini », Piantedosi a Benevento ieri diceva ai giornalisti: «I numeri dei migranti arrivati in Italia? Non sono preoccupanti in assoluto per un Paese come il nostro, il problema è la gestione dei flussi incontrollabili». Un colpo al cerchio e uno alla botte, dunque. Ma guardando ora più a Meloni che a Salvini.