Giorgio Vasari ne Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, presentandoci la stravagante figura di «Giovannantonio detto il Soddoma da Verzelli pittore» (1477-1549), racconta come egli avesse piacere: «d’aver per casa di più sorte stravaganti animali: tassi, scoiattoli, bertucce, gatti mammoni, asini nani, cavalli barbari da correre palii, cavallini piccoli dell’Elba, ghiandaie, galline nane, tortole indiane et altri sì fatti animali, quanti gliene potevano venire alle mani, ma oltre tutte queste bestiacce aveva un corbo che da lui aveva così bene imparato a favellare, che contrafaceva in molte cose la voce di Giovannantonio, e particolarmente in rispondendo a chi picchiava la porta, tanto bene che pareva Giovannantonio stesso, come benissimo sanno tutti i sanesi». I sanesi, ché a Siena da Vercelli giunse il Sodoma ventiquattrenne, chiamato dai ricchi banchieri Giulio e Antonio Spannocchi. E a Siena molto lavorò e mise su famiglia. Poi, a completare il quadro, Vasari aggiunge che «similmente gl’altri animali erano tanto domestichi, che sempre stavano intorno altrui per casa, facendo i più strani giuochi et i più pazzi versi del mondo, di maniera che la casa di costui parea proprio l’arca di Noè». Non di meno, certe stravaganze e comportamenti originali («la strattezza della vita», che pure guadagnò a Giovanni Antonio anche il nomignolo di «Matazo», Mattaccio), non impedirono ch’egli fosse «tenuto, rammenta Vasari, appresso di molti grand’uomo».

Così cari al Sodoma erano i suoi amici animali, ch’egli volle raffigurarsi in un affresco nel Chiostro Grande dell’Abbazia di Monteoliveto Maggiore presso Siena, con la sua coppia di tassi ammaestrati. Li vediamo che gli stanno educatamente accosto, ed uno alza il muso verso il pittore quasi a impetrare l’usuale carezza. E ci son poi due corbacci, uno, ti immagini, sarà il parlante. Il tempo ne ha dilavato le fattezze e le lucide piume sono ora per sempre cadute, come inesorabilmente grattate via, anno dopo anno, e l’intonaco pretto sta per noi al posto della pittura. Che certo sarà stata amorevole, attenta come testimoniano i numerosi altri animali raffigurati dal Sodoma in quel celebre ciclo di dipinti dedicati alle storie di san Benedetto.

Colpisce constatare che nelle nove pareti del chiostro affrescate da Luca Signorelli non si ritrovi alcun animale, salvo emergere qualche cavallo laggiù, in secondo piano, tra la folla di armigeri al seguito di Totila, il re dei Goti che, si racconta, nel 542 rese a Cassino omaggio a Benedetto. E, invece, quanti animali popolano il racconto figurale del Sodoma! Vi appaiono, quasi a convalidare l’elenco stilato da Vasari, cani, galline e gatti. Gazze e altri uccelli in volo e cigni, asini pazienti al basto e muli possenti. Ecco un barboncino, trastullo di certe ‘malefemmine’, abbaiare all’asinello dei fraticelli che si apprestano a fuggire da ogni tentazione peccaminosa. Ecco una cagnetta candida e rotonda. Si abbevera ad un ruscello, i due suoi cuccioli le zampettano appresso. C’è una bertuccia accoccolata in un angolo, sta vicino a un cavallo bianco e ad un soldato africano dalla lucida muscolatura bruna. La bertuccia è tenuta al guinzaglio da un giovane paggio in elegante calzamaglia rossa e bianca. Osserva mansueta come Benedetto accolga, circondato dalla molta gente che da Roma li ha accompagnati, i due giovani nobili Mauro e Placido, proprio ora che il santo poggia le mani sulle loro lunghe capigliature bionde. Osserva gli atti degli umani la bertuccia, e non nasconde, pare, una certa sua perplessità.

Ma sono i cavalli ad incantare il Sodoma. Se ne innamora. Arriccia loro code e criniere, le rende sontuose, le inanella e, le code, annoda elegantemente con lucidi nastri dagli smaglianti colori. Indugia sull’armonia dei loro corpi e la delinea sinuosa, si intrattiene su quei loro manti e ne restituisce la varietà dei colori. Dei bai, dei sauri, dei pomellati; e i morelli, i castagni, e i falbi dalla tonalità dei grigi e dei gialli spenti. Sensuali vibrazioni. Ma sono i loro occhi e gli sguardi che Sodoma ci presenta, intensi, schietti, indomiti. Più nobili, diresti, degli sguardi umani.