Negli inquietanti corridoi dell’ospedale: Lars von Trier torna sul luogo del delitto
2 Settembre 2022THE KINGDOM EXODUS – first clip!
2 Settembre 2022Il regista e la terza stagione della serie The Kingdom
VENEZIA — Tocca a Lars von Trier portare il sorriso alla Mostra, con la terza stagione diThe Kingdom ,la serie uscita nel ‘94 sulla scia di
Twin Peaks , anche se per i personaggi Trier dice di ispirarsi «a quelli di Bergman, di cui sono grande ammiratore». Il successo fu replicato nel ‘97, mentre nel 2004 ci fu il remake americano. InThe Kingdom — Exodus la sonnambula Karen (Bodil Jørgensen) in una notte buia si reca nell’ospedale chiamato il Regno, tormentato da un organismo di carne e sangue che si materializza in stanze e corridoi. Nel cast si affacciano anche Willem Dafoe, Udo Kier e Alexander Skarsgård.
Durante l’intervista, collegato da una stanzetta via zoom, il regista danese, 66 anni, già creatore del movimento cinematografico Dogma 95 e di film culto e/o controversi come Le onde del destino , Idioti, Dancer in the dark , Dogville , Antichrist , sfoggia un’allegra camicia fucsia e una barbetta inedita, lo sguardo è triste. Nelle settimane scorse gli è stato diagnosticato il Parkinson. Rassicura: «Mi sono ammalato durante il set di questa serie, gli attori non si erano accorti di nulla. Ma sto bene, a parte il tremore difficile da combattere». Scherza, «mi sento ancor più stupido che in passato, cosa che la dice lunga», poi aggiunge: «Sono felice che si sia divertita, ci tenevo a che la serie non sembrasse quella di un artista malato». Quanto è importante l’umorismo nella sua vita? «Molto. Penso che tu possa usare la tua sensibilità estrema perammalarti mentalmente, o creare film molto seri o metterla al servizio della risata. Tutto viene dalla stessa base, è una questione di scelta. L’umorismo — non voglio parlare della malattia tutto il tempo — ti aiuta, quando sei nella mia condizione». Nella nuova serie von Trier compare in tv in una scena, il Lars di vent’anni fa. «Quando sei giovane non ti accorgi del passare del tempo che invece corre veloce, anche se hai la sensazione di essere ancora quel ragazzo lì. Posso solo dire che a quell’età sei più coraggioso». Gran parte delle situazioni comiche del film arrivano dallo storico contrasto tra danesi e svedesi, con un nuovo arrivato danese cattivissimo, un po’ laido e svelto nel riempire l’ufficio di mobili che vanno in pezzi: «È ovviamente una grossa lotta, c’è grande rivalità e vedute diverse in materia di patriottismo, società e democrazia. Ma non credo che ci faremo mai una vera guerra». Spiega che quando ha realizzato le prime due parti di Kingdom «le ho fatte perché costavano poco e servivano a finanziare i miei film. Per fare questa stagione invece ci ho messo tre anni e mezzo. Ora il mio sogno è poter realizzare un altro film. Ma se non succede, penso di aver comunque fatto il mio lavoro Quali sono, oggi, le cose importanti nella sua vita? «I miei figli. Ma non è che li veda tutti i giorni, e la maggior parte di loro chiama solo per chiedere soldi. Quindi inizio la conversazione dicendo “quanto?”, invece di “ciao”. Ma è naturale che vada così. Ed è interessante per me seguirli ora che sono diventati adulti: i più giovani hanno 25 anni, sono persone formate ed è fonte di pensieri capire in cosa si sono trasformati». Confessa: «Purtroppo ho divorziato di nuovo e mi sento un po’ solo. Devo solo tornare in strada, e vedere se riesco a convivere con la malattia. Questa è la sfida». Cosa lo rende felice, oggi? Ragiona un po’, poi dice «sto iniziando un processo creativo nuovo, piccole idee che, messe insieme, potrebbero trasformarsi in qualcosa. Allora questa solitudine diventa un piacere, un momento fecondo. Come quando hai perso qualcosa e all’improvviso capisci che ne hai trovata un’altra che per te vale. Perciò questo viso che lei vede è un viso felice». — ari. fi.