Come cambia il dottorato di ricerca
11 Luglio 2023Le toghe offrono la tregua. Meloni resta in silenzio
11 Luglio 2023
di Massimo Franco
Per il momento sembra prevalere il meccanismo di autodifesa. È tipico delle maggioranze che si sentono aggredite: lo siano o no nella realtà. E in attesa che la premier Giorgia Meloni dia il proprio giudizio ufficiale sulla conflittualità con la magistratura, si allineano parole distensive e insieme di sfida: come se non fosse ancora chiara e decisa la piega che questo scontro imprevisto e improvviso prenderà. Così, da una parte si spiega che la riforma della giustizia non sarà nè «una vendetta» né una «contrapposizione». Ma in parallelo si insiste sull’esigenza di procedere senza interferenze e condizionamenti del potere giudiziario. Il tono è leggermente cambiato rispetto a qualche giorno fa, quando anonime «fonti di Palazzo Chigi» additavano magistrati pronti a fare l’opposizione al governo: parole che hanno avuto il principale effetto di risvegliare un conflitto datato, risvegliando fantasmi del passato e conflitti istituzionali. Ora il lessico scelto è meno bellicoso, sebbene la tensione rimanga alta. Anche perché la tentazione del muro contro muro rischia di rivelare il nervosismo, più che la forza della coalizione di destra; e di ridare fiato proprio a quei settori della magistratura, sempre più minoritari, che degli attacchi della politica si sono fatti forti negli anni del berlusconismo. Il fatto che si insista sulla separazione delle carriere su uno sfondo così agitato non promette di rendere più fluidi i rapporti tra esecutivo e giudici. Quanto è successo in questi giorni non facilita nemmeno il percorso del testo preparato dal Guardasigilli Carlo Nordio, di FdI. E può creare qualche incrinatura perfino all’interno della maggioranza, finora compatta ma percorsa da fremiti elettorali in vista delle Europee del 2024. Il fatto che la Lega abbia sollecitato una riforma «non contro qualcuno» e «all’insegna della rispettosa collaborazione», è parso un messaggio a Palazzo Chigi: come se il partito di Matteo Salvini avvertisse la premier che non la seguirà qualora scegliesse la linea dello scontro. Bisogna capire che cosa possa significare in concreto. Forse, è anche perché in questa fase le tensioni ruotano intorno a esponenti del partito della premier, FdI. Il caso della ministra del Turismo, Daniela Santanché, quello del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Del Mastro, fino alla vicenda opaca del figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa, riguardano persone legate alla cerchia più stretta di Meloni. Questo potrebbe aumentare le incognite che si possono aprire sull’onda delle inchieste. Nell’attesa, la premier da oggi è al vertice della Nato in Lituania, a discutere il futuro dell’ Ucraina. Ma fa sapere che alla fine parlerà «di tutto».