È morto Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica
28 Giugno 2022I ballottaggi rilanciano il campo largo ma l’intesa Pd-centristi resta lontana
28 Giugno 2022di Massimo Franco
Il ritorno ingombrante sulla scena di Silvio Berlusconi è un brutto segnale per il centrodestra. Che il fondatore dello schieramento vincitore alle elezioni nel 1994 rispunti nelle vesti di mediatore tra Fratelli d’Italia e Lega, sottolinea il caos e le tensioni tra alleati. E accentua la sensazione dell’incomunicabilità tra il capo del Carroccio, Matteo Salvini, e la leader della destra d’opposizione, Giorgia Meloni. La sconfitta di domenica nei ballottaggi ha accentuato conflitti latenti da mesi. E, almeno stando a quanto dichiara Berlusconi, tende a risospingere Fratelli d’Italia e Lega nel girone degli «estremisti» da moderare. È improbabile che l’operazione riesca. Ma il fatto stesso che venga tentata dilata le dimensioni dello scontro nel centrodestra; e la difficoltà che si ricomponga facilmente. D’altronde, quando ieri è filtrata la notizia secondo la quale Salvini stava andando a trovare il fondatore di Forza Italia, dalla Lega è arrivata una precisazione piccata che smentiva l’indiscrezione. Salvini «non ha mai avuto in programma di andare ad Arcore», è stato fatto sapere. Questo acuisce il sospetto di una resa dei conti destinata a ripresentarsi anche nella scelta del prossimo candidato al vertice della regione Lombardia. Il Carroccio ritiene «una scelta naturale» riproporre il presidente uscente, Attilio Fontana, nonostante le critiche per la gestione della pandemia. E dietro questa difesa si indovina la voglia di fare muro, dopo i risultati deludenti raccolti anche al Nord; di impedire che la strategia di penetrazione del partito di Meloni in terra leghista destabilizzi equilibri già vistosamente incrinati. Alla leader di Fratelli d’Italia brucia la sconfitta del proprio candidato a Verona. E tende a dare la colpa a Salvini che lo avrebbe attaccato «a urne aperte». Ma questa caccia al responsabile di un insuccesso che non dovrebbe preoccupare più di tanto, perché riguardava solo un paio di milioni di elettori e elettrici, è tipica di una coalizione di colpo insicura. Berlusconi può anche dichiarare che «non ha vinto nessuno» perché l’astensionismo è stato così massiccio da delegittimare tutti. Eppure qualcuno «non ha vinto» più di altri, e non riconoscerlo appare un segno di debolezza. Il tema non sembra più solo la competizione Meloni-Salvini per la leadership. Riguarda la sopravvivenza di uno schieramento diviso, del quale la Lega sta diventando uno degli anelli deboli. Fratelli d’Italia è all’opposizione, gli altri nel governo di Mario Draghi. Sulla politica estera, Salvini sconta un’ambiguità filorussa che si somma ai distinguo nei confronti di Palazzo Chigi. E non si capisce su quale piattaforma comune queste divergenze, politiche e personali, possano ricomporsi. Berlusconi che si ripropone come mediatore e federatore in nome del moderatismo sa di miraggio: il ritorno a un passato mitico ma finito.