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Domanda: come è possibile che il Pd, che è aumentato dello 0,3% e la Lega, che è al 8%, subiscano critiche diverse dai media e dall’opinione pubblica? Come è possibile che Salvini non abbia fatto neppure un accenno di autocritica e Letta abbia dato le dimissioni con la convocazione di un congresso? In molti ormai parlano di scioglimento del Pd, non ultima oggi Rosy Bindi nelle pagine della Stampa. Nel mentre tutti si sentono autorizzati, iscritti e non iscritti al partito di Letta a dare la propria ricetta, aumentando la sensazione di confusione e di sbandamento di una organizzazione “sconfitta”. Vero è che quanto avviene nel marketing è ciò che sta succedendo ai democratici: generalmente si sospende il prodotto dal mercato e si corre a sostituirlo con un altro più performante. Anche perché si è visto che qualsiasi segretario prenda in mano l’organizzazione del Pd dopo poco si deve arrendere e dare le dimissioni. Basta ricordare, a questo proposito, da dove nasce l’incarico a segretario di Letta: dalle dimissioni improvvise di Zingaretti.
Ascoltando le varie ipotesi, una su tutte mi ha incuriosito: Salvini è al governo mentre il Pd è fuori e senza, al momento, alleati. Questa risposta è tutta giocata sul piano della gestione del potere. Può essere una risposta, ma molto limitata, solo una parte del problema. La Bonafé, responsabile della Toscana del partito ha commentato la situazione dicendo che ormai la gente identifica il Pd con la gestione del potere, tant’è che trova consensi solo nelle grandi città e nei quartieri centrali. Ciò è apparso evidente nello scontro tra una ragazza che contestava e la Boldrini. La ragazza rimproverava all’ex presidente della Camera di non sapere cosa significa vivere in una borgata, in una casa popolare, di essere disoccupati. Rimprovero che non ha avuto nessuna replica, perché era drammaticamente vero. Sarebbe bastato dire: bene, portamici tu, fammi capire. Probabilmente, lentamente ci avviciniamo al problema: qual è l’identità di questo partito fatto prevalentemente di amministratori impegnati nei vari livelli istituzionali? Il 70% dei sindaci in Italia sono del Pd, ma verosimilmente non basta, non è sufficiente. Anzi, il successo nei territori ha coinciso con una rinuncia del partito al suo ruolo e una delega agli amministratori locali di rappresentanza, capacità di analisi e di proposta. Non è un caso che per il dopo Letta stiano pensando ad un sindaco, riproponendo un meccanismo che porta con sé poche novità, al di là della persona.
È indubbiamente interessante seguire la vicenda Pd, perché da questa non dipende solo la sorte di quel partito che sta rischiando molto: al di là dei numeri è la percezione di esso che hanno le persone, fallimentare anche dal punto di vista di chi lo ha votato. In mancanza di linea politica, il ricorso alla divisione ideologica poteva essere l’unica ancora di salvezza, ma è troppo debole: sullo sfondo c’è la ragazza che caccia la Boldrini dalla piazza dove si sta manifestando a favore di un diritto sacrosanto delle donne. Mi fermo qui, non ho ricette e rispetto l’autonomia di una organizzazione fatta di persone, di desideri, di valori, ma come cittadino non posso e non voglio restare indifferente a ciò che sta accadendo per e nella democrazia di questo Paese.