GLI ARCHIVI DESECRETATI
Paolo Mastrolilli
NEW YORK — Il capo della Cia a Roma non sembra avere dubbi: Enrico Mattei era un fascista, si era rifatto l’immagine comprando per cinque milioni di lire il titolo di partigiano dai democristiani, e forse per queste sue origini si oppone agli interessi americani in Italia. Lo pensa e lo scrive, Lester Simpson, in un rapporto inviato l’11 agosto del 1955 alla “Company”, intitolato “U.S. Embassy and Italian Petroleum Industry”. Un documento che forse aiuta a chiarire, se non riaprire, il caso della misteriosa morte del leader dell’Eni.
Giovedì sera i National Archives di Washington hanno pubblicato 13.173 documenti finora segreti sull’omicidio del presidente Kennedy, perché lo aveva ordinato nel nome della trasparenza il John F. Kennedy Assassination Records Collection Act, approvato dal Congresso nel 1992. L’Italia è citata in almeno sei occasioni. La più curiosa forse è quella riguardo Clay Shaw, l’imprenditore di New Orleans accusato dal procuratore Jim Garrison di aver cospirato con la Cia e gli attivisti David Ferrie e Guy Banister per organizzare il complotto di Dallas, ma poi assolto nel 1969. Il sospetto era che Shaw avesse rapporti con il Centro Mondiale Commerciale, ritenuto in realtà un’attività di copertura della Cia nel nostro paese, così come la compagnia Permidex, per trasferire fondi usati nelle operazioni di spionaggio. Gli agenti segreti avevano indagato, ma non avevano trovato conferme. Un altro documento rivela l’esistenza di «una piccola colonia cubana in Italia, attivamente impegnata in attività rivoluzionarie militari destinate a Fidel». Un testo risalente agli anni Cinquanta descrive il tentativo del Partito comunista del Territorio libero di Trieste di usare l’Unità per pubblicare foto imbarazzanti dell’allora ambasciatrice americana in Italia, Clare Boothe Luce. Un cablo invece parla del ruolo di Annie De Quendoz, definita come «amante sia di Che Guevara, sia di Fidel». Poi c’è un documento che risponde alla richiesta di eventuali tracce dell’assassino Lee Harvey Oswald in Italia, e uno che elenca i diplomatici cubani in servizio nelle ambasciate di Roma presso lo Stato italiano e il Vaticano.
Facendo una ricerca sull’Italia, però, viene fuori anche il rapporto segreto del 1955 su Mattei, che comincia così: «La grande maggioranza delle compagnie petrolifere italiane, che fino al IV World Petroleum Congress si opponevano all’Eni, ora presentano un fronteunito con Enrico Mattei, nella sua opposizione allo sfruttamento dei depositi italiani da parte degli interessi americani». Quindi Simpson spiega: «Questa nuova situazione è il risultato di informazioni confidenziali e consigli forniti ai gruppi petroliferi italiani e a Mattei stesso da Remigio Danilo Grillo. Grillo, vicedirettore generale per gli Affari politici al ministero degli Esteri italiano, è un ex “squadrista” e cagnolino di Galeazzo Ciano, grazie alla cui influenza ha fatto carriera».
Il complotto anti americano si fa subito assai pericoloso: «Quando a Roma si è saputo che la signora Luce sarebbe stata nominata ambasciatrice in Italia, un incon tro segreto era stato tenuto nella casa di Junio Valerio Borghese per ideare come agganciarla». Grillo e altri “gentiluomini” ricevono l’incarico di lavorarsi Clare: «Questi individui, nell’alta società romana, sono conosciuti come i “sommozzatori” ». Grillo riesce ad entrare in confidenza con l’ambasciatrice e «un risultato di ciò è il cambiamento della tattica adottata dalle compagnie petrolifere italiane verso gli americani». Questo perché le aziende Usa «sono determinate ad assorbire tutta la produzione italiana, e hanno già mandato rappresentanti per sondare le personalità del settore con proposte di acquisto». Tra gli altri viene sentito ilpresidente dell’Api Peretti, che informa subito il dirigente del ministero dell’Industria Lo Monaco, il quale a sua volta ne parla con Mattei e «un conclave di leader del settore», riuniti a luglio in una località fuori Roma.
Secondo il rapporto, l’attivismo di Luce a favore delle “Sette sorelle” rallenta dopo la caduta del premier Scelba, ma i suoi collaboratori continuano a lavorare col successore Segni: «L’attitudine dei circoli del settore petrolifero italiano, informati di queste presunte manovre degli Usa, è ostile. Loro sanno che gli americani hanno sostenuto finanziariamente la destra nelle recenti elezioni siciliane, e temono che attraverso l’ampio uso del dollaro riescano a demolire tutte le resistenze italiane. La diffidenza è arrivata al punto che pochi giorni fa, quando l’agente di una compagnia petrolifera americana ha chiesto un appuntamento a Mattei, lui ha detto che era fuori città, partendo immediatamente per la Costiera amalfitana».
A questo punto Simpson spiega le probabili origini dell’ostilità del capo dell’Eni: «Mattei stesso era un fascista fino al 1945. Aveva iniziato a lavorare nella Resistenza dopo l’8 settembre, facendo però attenzione allo stesso tempo di conservare i rapporti con i tedeschi. Come parte di questo processo, sua moglie era diventata l’amante di un capitano austriaco che era un ufficiale molto importante nella SD tedesca», ossia il servizio di intelligence delle SS Sicherheitsdienst. «Quando era diventato chiaro che la vittoria degli Alleati era certa, Mattei aveva pagato cinque milioni di lire ad un leader partigiano della DC, per ottenere il titolo di capo partigiano della DC e il grado di generale della Resistenza nel CLN. La sua nomina era stata approvata dal generale Cadorna e dal colonnello Argenton, ora braccio destro di Mattei».
Sei anni dopo, il 13 giugno del 1961, la Cia torna ad occuparsi del capo dell’Eni nella National Intelligence Estimate, con 12 pagine intitolate “The Outlook for Italy”. La bocciatura è netta: «L’Ente nazionale italiano degli idrocarburi, guidato da Enrico Mattei, è diventato uno Stato nello Stato». Quindi il rapporto aggiunge un giudizio definitivo: «Il monopolio che esercita nel settore petrolifero probabilmente continuerà a provocare frizioni fra Italia e Stati Uniti», a causa degli investimenti nel mondo arabo e i crescenti scambi con l’Unione Sovietica.
Poco più di un anno dopo, il 27 ottobre 1962, la torre di controllo dell’aeroporto di Linate perde i contatti con il piccolo bireattore “Morane Saulnier” di proprietà dell’Eni. A bordo ci sono Mattei, il giornalista inglese William McHale e il pilota Imerio Bertuzzi. L’aereo era decollato da Catania alle 16.57, dopo una breve visita del capo dell’Eni destinata ad essere seguita da un viaggio in Algeria, durante il quale era in programma la firma di un accordo per la produzione di greggio che sfidava gli interessi delle maggiori compagnie petrolifere occidentali. Alle 18.57 il “Morane Saulnier” non risponde più via radio. I resti vengono trovati in un campo della località di Bascapè, provincia di Pavia, a pochi minuti di volo in linea d’aria dallo scalo di Linate. Nessuno dei tre passeggeri sopravvive.