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Così mangiò Zarathustra: basta cambiare il verbo e fa subito ridere quando alla parola di Nietzsche sul nuovo mondo si sostituisce il verbo (sostantivo e, appunto, voce verbale) gastronomico. Il filosofo tedesco che prende le mosse da Platone e mette sotto la propria ala Freud e Foucault, ci regala stavolta i segreti di una dieta, che non è poco. Lo stand up comedian Woody non muore mai. Così mangiò Zarathustra è il titolo di uno dei 18 fulminanti racconti di metafisica applicata alla sopravvivenza quotidiana della nuova raccolta Pura anarchia di Allen tradotta da Carlo Prosperi per La nave di Teseo.
Chi vedrà il nuovo bellissimo film di Woody in uscita con Lucky Red il 6 dicembre, Un colpo di fortuna, capirà che il nostro, offeso dalla morale della middle class Usa di cui era cantore, ormai si fida solo delle onde del destino, non ha speranze, delega amore e morte ai match point della vita. Ma leggendo i suoi sketch con le irresistibili citazioni (ce n’è per tutti, da Hegel a Wagner, da Schopenhauer a Sartre a Capote) ritroverà l’amato Woody delle battute, dei rimandi alti che rimbalzano sul basso dell’esistenza precaria, i suoi autografati understatement. Ed è sempre lui che perde ai punti mettendosi in contatto ora col mondo dell’editoria che ama le novellizzazioni (da un film si trae un’opera letteraria), ora con una Hollywood stracciona o con la religione in versione social che propone all’asta su eBay preghiere ad personam scritte da un novello Proust per qualunque miracolo: togliere obesità e calvizie, ma anche far risalire le azioni Nasdaq, affittare un bilocale tra Park Avenue e la 72ª della «sua» nota Manhattan con la panchina di Sutton Park nell’Upper East Side.
Il gioco di Allen è sempre quello di puntare al ribasso con riferimenti altolocati. Nel racconto che pubblichiamo in queste pagine si parla di dieta, appunto, un argomento eterno, tanto che si cita una tragedia greca inedita su Clitennestra che si uccide per il giro vita. Tra i convitati ci sono Leibnitz e le sue monadi-cosce, Sigfrido che si pappa un bue e 24 polli ed Hegel che si accontenta di avanzi, fenomenologici e non. Il cibo ricorre anche in Papille fatali, dove si vendono all’asta cibi di valore astronomico come il tartufo e si finisce col trionfo yiddish del panino di pastrami con cetriolini e mostarda, materia di cui sono fatti i sogni, citazione dal Mistero del falco di John Huston, 1941, con Humphrey Bogart che forse aveva in mente La tempesta di Shakespeare. Quando in Penna offresi Woody è scrittore fallito in cerca di un colpo di fortuna a Hollywood, si citano, è obbligo, Faulkner e Scott Fitzgerald, e il dialogo col produttore furfante e sessualmente molto patriarcale, è spiritoso, perché sicuramente Woody ha in mente qualcuno. Il racconto di Glory Glory Hallelujah, venduta! è il più cinico perché vende patti di fede infedeli.
Il Woody senza sorrisi che il 30 novembre ha spento 88 candeline (ma dubito si sia sottoposto a questa fatica respiratoria), tiene bene in mostra le due facce della maschera, una triste e una sorridente, però in realtà queste due estremità, come poli di una pila elettrica, si sono sempre toccate nella sua infinita produzione. Basta vedere l’opulenza letteraria (è il sesto libro pubblicato da Elisabetta Sgarbi) oltre al lavoro iniziale sotterraneo di autore di battute per commedianti.
Pura anarchia (con l’ultima A che casca dalla copertina) è un bel titolo, che lo riflette: non ci sono mai discorsi sul potere, che sono impliciti, ma boutade e genialità sul sapere, sulle vette della filosofia e della morale (nel gioco anche Hannah Arendt), proseguendo con i grandi della letteratura e del cinema a stelle e strisce, tanto si sa che Woody ama gli europei, san Fellini e san Bergman. In questi schizzi impressionistici c’è davvero di tutto, un musical nella Vienna di Freud e Mahler, un piccolo attore scambiato per divo e rapito, un musicista che paga il suo analista con le canzoni, Topolino che racconta le relazioni pericolose di Paperino e la dipendenza di Pippo dagli antidolorifici. È la commedia umana e disumana di Woody, una gara ad essere cialtroni e a divertirci anche uscendo fuori dai suoi film, mimando eterne analisi. Ha diretto 50 film e continua a dire che manca ancora il capolavoro.
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