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9 Novembre 2023Nemmeno Mps e Mcc, due tra le poche banche pubbliche in Italia, pagheranno la tassa sugli “extraprofitti”
IL CREDITO
Anche Mps evita la tassa sui profitti Lo Stato rinuncia a 1,9 miliardi
MILANO — Nemmeno Mps e Mcc, due tra le poche banche pubbliche in Italia, pagheranno la tassa sugli “extraprofitti” al governo Meloni, preferendo accantonare due e volte e mezzo l’importo come riserva patrimoniale.
Ormai sono 10 le grandi banche che hanno scelto di avvalersi dell’opzione alternativa, introdotta il 9 ottobre con la conversione in legge del decreto, il 9 ottobre: mentre nessuna ha ancora detto che nel giugno 2024 pagherà l’imposta sui maggiori utili realizzati nel 2023 grazie a 10 rialzi dei tassi d’interesse della Bce. Avrebbero dovuto versare, i 10 gruppi, 1,94 miliardi, ma preferiscono costituire riserve patrimoniali non distribuibili per 4,85 miliardi, due volte e mezzo l’obolo. Le stime di incasso ufficiose del Tesoro erano di 2-2,5 miliardi: ma di questo passo la cifra si avvicina allo zero. Tre mesi di polemiche, ribassi di Borsa e turbolenze per nulla. Dopo gli annunci di Intesa Sanpaolo (tassa dovuta 828 milioni), Unicredit (440), Mediobanca (90), Banco Bpm (151), Popolare Sondrio (43), Credem (38), Mcc (stimati 14 milioni), ieri si sono accodate Mps (125), Bper (126) e Crédit Agricole Italia (87). Presto Bnl e le Bcc si uniranno al gruppo.
Il cda senese «avvalendosi dell’opzione prevista dalla legge, proporrà all’assemblea che approverà il bilancio 2023 di costituire una riserva di utili non distribuibili non inferiore a 309 milioni, più almeno 3,8 milioni per la controllata Widiba », riporta una nota. Mps, controllata dal Tesoro al 64%, ha ancor meno motivi di pagare un’imposta su utili non può ancora distribuire, per i vincoli posti dall’Ue dopo il salvataggio pubblico del 2017. Il piano strategico Mps stimava cedole solo dal 2026: ma ieri l’ad Luigi Lovaglio ha detto che potrebbe anticiparle alla primavera 2025: «Siamo bene organizzati per remunerare i soci anticipare il dividendo sull’utile 2024». Proprio l’impennata dei tassi rende superati gli impegni di un anno fa. Nel terzo trimestre 2023 l’utile netto Mps è 310 milioni, da una perdita di 387 milioni un anno prima. Il margine d’interesse è salito del 56% e pesa per due terzi dei ricavi. Nei primi nove mesi invece l’utile sale a 929 milioni (Siena ne perdeva 328 un anno prima), e l’obiettivo di 1,1 miliardi a fine anno è a portata di mano. I conti, superiori alle attese, hanno fatto di Mps la blue chip migliore ieri (+3,28%). Il capitale Cet1, spesso una magagna a Siena, è salito in tre mesi di 80 punti base, al 16,7% degli attivi e sui massimi in Europa. La banca, dopo la definitiva assoluzione degli ex manager Mussari e Vigni, ha derubricato a “remoti” rischi legali straordinari da 1,2 miliardi, riducendo il petitum totale del 29% a 2,9 miliardi. «Il calo del petitum riduce, anche sull’azione, i rischi di cattive sorprese future», ha detto Lovaglio. E il 27 novembre potrebbe sparire un altro miliardo di richieste danni, se la sentenza d’appello a Milano ribaltasse la condanna di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, per fatti simili a quelli per cui sono stati assolti i predecessori.