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SPETTATORI PER UNA SETTIMANA
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Martina aveva 14 anni. È stata uccisa da un ragazzo poco più grande, incapace di accettare la fine di una relazione. Non è un episodio isolato: è parte di un fenomeno più ampio e radicato.
La violenza maschile contro le donne, anche tra giovanissimi, nasce da un’idea ancora presente: che l’altro sia qualcosa da possedere. Quando questa convinzione si unisce all’incapacità di affrontare un rifiuto, il rischio diventa altissimo.
L’educazione affettiva è necessaria, ma non può essere lasciata solo alle famiglie. Serve un impegno della scuola, fin dai primi anni, per insegnare a riconoscere le emozioni, a gestire la frustrazione, a costruire relazioni non basate sul controllo.
Molti ragazzi crescono senza modelli alternativi alla forza o alla dipendenza. La violenza, in questi casi, diventa una risposta sbagliata a un’identità fragile.
Il cambiamento richiede tempo, ma deve cominciare adesso. Nelle scuole, nei luoghi educativi, nel discorso pubblico. Perché la violenza non è un’esplosione improvvisa. È un percorso che si può – e si deve – interrompere prima.