PERCHÉ NEL 2011 NON FU COMPLOTTO
26 Settembre 2023Ong, l’alibi dello scontro con la Germania
26 Settembre 2023L’intervista
di Tommaso Labate
Fini: complotto? Al contrario, era molto rigoroso
ROMA Gianfranco Fini, che ricordo ha del presidente Napolitano?
«Quello di un uomo molto rigoroso. Che diventava puntiglioso tutte le volte che si trattava di rispettare o di difendere l’equilibrio tra poteri dello Stato. Vede, Giorgio Napolitano ha avuto un rispetto sacrale della Costituzione. A differenza di alcuni predecessori, che hanno inciso nella dialettica tra partiti e in certi casi l’hanno determinata, come Scalfaro o prima ancora Cossiga, mai, neanche una volta ho sentito fare al presidente Napolitano considerazioni o anche solo accenni al dibattito politico-partitico in corso allora».
Per cinque dei nove anni di Napolitano al Colle, lei fu presidente della Camera. E anche il leader di partito che staccò un pezzo importante dalla maggioranza di Berlusconi.
«Furono anni turbolenti. E lo furono anche per alcune mie scelte politiche, certo. Ma la teoria secondo cui l’allora capo dello Stato fosse il regista di un complotto per far cadere Berlusconi con la mia complicità non solo è infondata ma anche offensiva. Con falsi racconti degni della spazzatura che continuano a circolare».
Si riferisce alle testimonianze di chi sostenne che lei avrebbe fatto ascoltare in viva voce una telefonata in cui il presidente si compiaceva delle difficoltà che le sue scelte avevano creato al governo?
«È una cosa totalmente falsa. Napolitano non si occupava delle vicende politiche in presenza, figurarsi se l’avrebbe fatto per telefono. Le voglio raccontare alcuni episodi del mio rapporto con lui».
Cominci pure.
«Da presidente della Repubblica, nel 2008, Napolitano aveva promulgato, accompagnandolo da una nota, il lodo Alfano, che ridisegnava la disciplina dell’immunità delle alte cariche dello Stato. Un anno dopo, siamo nell’ottobre del 2009, la Corte costituzionale bocciò la norma. Berlusconi reagì malissimo e dichiarò che la sinistra aveva in mano tutto, compreso il capo dello Stato e i giudici della Consulta. Da presidente della Camera dichiarai che il presidente del Consiglio era pienamente legittimato dal voto popolare a governare ma che questo non lo legittimava a denigrare il presidente della Repubblica e la Consulta».
Le prerogative
Non l’ho mai sentito fare alcuna considerazione sul dibattito tra i partiti
E quindi?
«Mai, neanche una volta, neanche in un inciso o in una mezza frase, parlando con me Napolitano fece un riferimento, ancorché velato, alla mia presa di posizione rispetto a quelle dichiarazioni di Berlusconi. Non dico di apprezzamento, o di ringraziamento, ci mancherebbe; ma nulla di nulla, neanche un accenno. Per dire di come fosse attento oltre ogni scrupolo al rigorosissimo rispetto delle sue prerogative, alla necessità di non travalicarle in nessun caso».
Complotto o non complotto, come risponde a chi pensa che il Quirinale ebbe un ruolo nella sua decisione di presentare una mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi?
«Nella primavera del 2010 venni estromesso dal Popolo delle Libertà…».
Il giorno del famoso «che fai, mi cacci?» con cui lei rispose a Berlusconi.
«Esattamente. Né in quel giorno, né nei giorni o nelle settimane o nei mesi successivi, il presidente Napolitano parlò con me delle dinamiche in corso nella maggioranza, del mio rapporto con Berlusconi, dell’oggettivo indebolimento dell’esecutivo».
Molti finiani denunciarono i tempi lunghi che vennero riservati al voto sulla mozione di sfiducia, sottolineando l’ampio margine che ebbero i berlusconiani per cercare i famosi «responsabili».
«La preoccupazione principale del Quirinale era mettere in sicurezza l’approvazione della legge di bilancio, in discussione al Senato. Il giorno in cui alcuni ministri si dimisero dal governo esprimendomi la loro solidarietà, a metà novembre 2010, io e Schifani venimmo convocati da Napolitano. Il capo dello Stato chiese al presidente del Senato in che tempi, ragionevolmente, l’Aula avrebbe approvato la manovra. “Venti giorni”, fu la risposta. I tempi della mozione di sfiducia furono dettati da questo timing. Se avessi voluto, data l’assenza di un accordo nella conferenza dei capigruppo, avrei potuto fissare immediatamente la votazione sulla sfiducia. Non lo feci perché sarebbe stato irresponsabile dal punto di vista istituzionale. Solo molto tempo dopo, Napolitano mi disse di aver apprezzato la mia decisione…».