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3 Giugno 2023
Dalle armi a Kiev fino all’inceneritore di Roma: ecco i casi nel Pd
Maria Teresa Meli
ROMA Controllare un partito come il Pd, come sanno bene tutti i suoi segretari, è impresa ardua. Tanto più se i gruppi parlamentari non sono a immagine e somiglianza della nuova leader e se la maggioranza degli iscritti ha votato per un altro. Si capisce dunque perché Elly Schlein ogni tanto decida di non decidere.
L’ultimo caso emblematico in questo senso è quello del voto degli europarlamentari dem sull’Asap (la legge a supporto della produzione di munizioni). Una settimana prima Schlein aveva inviato Peppe Provenzano a Bruxelles per istruire la pratica e caldeggiare l’astensione. In segreteria tutti i fedelissimi della leader si erano espressi a favore di questa scelta, inclusa Camilla Laureti, l’unica filo-Schlein dell’eurogruppo, che infatti poi si è astenuta. La segretaria però a due giorni dal voto ha preferito non dare indicazioni, perché si è resa conto che la sua era una posizione di minoranza tra i parlamentari europei. Eppure da Orlando a Majorino, pochi giorni prima, erano tutti convinti: «Si va all’astensione».
Ma la partita tra la segretaria e il Pd non è finita qui. Sull’Ucraina la maggioranza dei deputati e senatori dem segue la linea impostata da Letta e ora c’è chi teme che Schlein possa deviare da quel tracciato. A dare l’altolà alla segretaria è Lorenzo Guerini: «Condivido le parole del presidente della Repubblica che confermano la scelta di sostenere l’Ucraina nella resistenza all’aggressione russa». Tradotto: attenta Schlein perché sei fuori linea rispetto a Sergio Mattarella.
Preoccupata anche Lia Quartapelle: «Non siamo stati in grado di non prestare il fianco al populismo di sinistra. E comunque in politica estera non ci può non essere una posizione della segretaria, non esiste che ognuno vada per conto proprio». E Pina Picierno incalza: «L’Asap non è una scelta tra asili e missili». Interviene anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala: «È necessario fornire ancora armi all’Ucraina».
Insomma, una levata di scudi di cui Schlein non potrà non tenere conto. Ma questo è solo l’ultimo caso. Preceduto da altri episodi simili. Il primo, quello del termovalorizzatore di Roma. La segretaria, da sempre contraria agli inceneritori, è stata costretta a fare buon viso a cattivo gioco, visto che il sindaco Roberto Gualtieri e la stragrande maggioranza dei parlamentari dem (specie quelli del Lazio) erano favorevoli. E perciò ha silenziato per qualche giorno la responsabile Ambiente Annalisa Corrado. Altro capitolo: la maternità surrogata. La leader del Pd è «favorevole» ma siccome i deputati e i senatori sono in prevalenza contrari non porta avanti questa battaglia. E intanto per evitare possibili fughe in avanti dei fedelissimi di Schlein personalità come Goffredo Bettini e Giorgio Gori hanno firmato un manifesto contro la maternità surrogata. Che dire poi della vicenda della nomina degli uffici di presidenza dei gruppi? Da un mese non si riescono a fare perché Schlein vuole defenestrare Piero De Luca (reo di essere figlio di suo padre) ma finora non ci è riuscita.
Dopo la sconfitta elettorale la leader ha chiesto tempo. E probabilmente gliene occorrerà un bel po’ per riuscire finalmente ad avere il controllo del «suo» partito. Certo, un successo alle Europee le spianerebbe la strada.