La riunione non era partita nel migliore dei modi. Le tensioni ancora tutte lì, sul tavolo. Il vicesegretario della Lega Andrea Crippa fuori da Montecitorio esclude compensazioni in cambio del passo indietro del leghista Christian Solinas in Sardegna e parla della “mancanza di Berlusconi” per la sua generosità sulle trattative politiche in contrasto con quella (si presume assente) di Meloni. Nella sala fumatori della Camera, Crippa aggiunge un altro colpo a Fratelli d’Italia. Rispondendo alle parole di Francesco Lollobrigida che ieri lo aveva liquidato come uno che non si occupa di cose di governo, Crippa ironizza: “Non ci dormirò la notte… io sono amico di Donzelli, anch’io vorrei che si occupasse lui di governo invece che Lollobrigida”. Che le posizioni tra gli alleati fossero distanti lo dimostrava anche l’irrigidimento di Salvini prima di entrare a Palazzo Chigi: la linea iniziale del Carroccio è quella di riconfermare gli uscenti. E stop. “Anche perché – conclude Crippa – sennò si rimette in discussione tutto, anche gli altri governatori”.
Dopo il Cdm, in un clima già difficile per lo scontro sul decreto Ilva, Salvini chiede il terzo mandato per i governatori ma Meloni dice “no”: non se ne parla prima delle Europee. Anche perché il Veneto non può essere una merce di scambio rispetto alla Sardegna e perché così si bloccherebbero – in favore del centrosinistra – anche Emilia-Romagna, Puglia e Campania. Tanto più, fanno notare da FdI, che ieri Zaia ha preso un “colpo” dalla sua stessa maggioranza sul fine vita (leggete sotto). Alla fine l’ipotesi più probabile è che in Basilicata il forzista Vito Bardi sia accompagnato all’uscio in favore di un civico. I leader si potrebbero riaggiornare oggi, anche se la premier sarà a Forlì con Ursula von der Leyen.
Le tensioni si scaricano sul decreto sull’election day che avrebbe dovuto accorpare all’8 e 9 giugno il voto in Abruzzo e in Basilicata e le Europee. La destra decide di rinviare la decisione al prossimo Cdm. Apparentemente per una ragione tecnica: nei luoghi dove si vota contemporaneamente per città, Regione ed Europee, il rischio è quello di tenere aperte le urne per tre giorni, cioè sabato, domenica e lunedì. Ma in realtà il nodo è politico: dietro il rinvio c’è lo scontro sul terzo mandato. Non c’è accordo su una norma che avrebbe introdotto il terzo mandato per i sindaci dei Comuni sotto i 15 mila abitanti, con Salvini che vorrebbe una soglia di residenti più alta. Inoltre, in Parlamento la Lega avrebbe provato a inserire la norma “salva Zaia” sotto forma di emendamento e così Meloni ha stoppato tutto: niente blitz, prima vanno chiusi gli accordi sulle Regioni. Per questo, il quadro del voto rimane parecchio confusionario, visto che per la Basilicata non c’è neanche ancora una data “provvisoria” fissata dalla Regione (Bardi aspetta notizie sul proprio destino), in Sardegna le urne si aprono il 25 febbraio e in Abruzzo, a ora, il 10 marzo.
Il balletto di date nasconde l’altra partita. Il Carroccio continua a sostenere la fine del limite dei due mandati ma FdI fa muro. Ieri il vicepresidente della Camera, il meloniano Fabio Rampelli è sembrato aprire (“se ne può discutere”) ma è stato subito stoppato dal partito: da FdI dicono che la posizione del gruppo non viene stabilita da un singolo parlamentare ma dal capogruppo.