Interrogazione Pd per il rito fascista nell’anniversario della strage, M5S annuncia un esposto. La Digos prepara un’informativa FdI: “Sinistra ipocrita, quel rito avviene da 46 anni”. Ma c’è malumore anche nel centrodestra. L’imbarazzo della premier
ROMA — Trenta secondi che lasciano attoniti. Sufficienti per catapultare il Paese negli anni più bui del Ventennio. Un migliaio di braccia tese che si levano verso l’alto nella notte romana allorché, al grido di “camerati!”, viene chiamato il “presente” per i morti di Acca Larentia, la storica sezione dell’Msi nel quartiere Tuscolano dove 46 anni fa vennero uccisi tre ragazzi del Fronte della Gioventù. Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta durante l’assalto organizzato da un commando di estrema sinistra, Stefano Recchioni negli scontri che seguirono fra militanti di estrema destra e polizia. Una delle pietre miliari del neofascismo italiano, celebrata da allora con il rito dell’appello, al quale si risponde col saluto romano. Immagini impressionanti, catturate dai telefonini e subito diventate virali sul web.
Niente di cui vergognarsi, per il partito della premier, rinchiusa in un imbarazzato silenzio nonostante la protesta delle opposizioni: pronte a presentare interrogazioni e un esposto in Procura. «Sono persone di varia provenienza, cani sciolti, organizzazioni extraparlamentari. Non hanno niente a che fare con Fratelli d’Italia», minimizza il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. «Noi a quelle manifestazioni non partecipiamo, semplicemente perché non le condividiamo», precisa a proposito del rito dell’appello. «Noi facciamo la nostra celebrazione ufficiale e poi andiamo via». Negando persino che siano proprio quelle le radici di FdI, l’humus in cui è nato e cresciuto, insieme a buona parte della classe dirigente che adesso guida il Paese. «Tutti gli anni, da 46 anni, ci sono le stesse manifestazioni», insiste Rampelli, «ma nessuna interrogazione. Si vede che quando c’è un governo di centrodestra lo spirito di contrapposizione prevale».
Eppure qualcosa di grave deve essere successo se pure fra gli alleati trapela malumore. «Noi siamo una forza che certamente non è fascista, siamo antifascisti», sente l’esigenza di rivendicare il segretario di Forza Italia Antonio Tajani: «Chi ha avuto un comportamento del genere deve essere condannato da tutti. Fare apologia di fascismo nel nostro Paese è vietato dalla legge». Una netta presa di distanza, condivisa anche da Maurizio Lupi: «I saluti romani sono estranei alla nostra cultura e a quella del centrodestra, non abbiamo nessuna difficoltà a condannarli », sbuffa il leader di Noi Moderati.
Un episodio giudicato troppo inquietante dalle opposizioni per lasciar correre. È Elly Schlein la prima a chiamare in causa il Viminale, domandandosi anche se «Meloni non abbia nulla da dire». La stessa richiesta sia di Matteo Renzi («Scene inaccettabili, la presidente del Consiglio riuscirà a pronunciare mezza parola? ») sia di Giuseppe Conte: «È apologia del fascismo, sarebbe bene che Meloni prendesse le distanze».
Poi, sui social, la segretaria del Pd intima: «Roma, 7 gennaio 2024. E sembra il 1924. Le organizzazioni neofasciste vanno sciolte, come dice la Costituzione». Tant’è che nell’interrogazione indirizzata ai ministri di Interno e Giustizia, Piantedosi e Nordio, i dem chiederanno «quali iniziative il governo intenda adottare per far cessare qualunque attività commessa in palese violazione del dettato costituzionale e delle leggi ». Strada simile imboccata dal verde Bonelli poiché «la glorificazione di simboli e gesti inneggianti al Ventennio vanno contro i valori della democrazia». Mentre il M5S invierà unesposto in Procura affinché si accerti se quanto avvenuto domenica configuri il reato di apologia del fascismo. «È stato forse abolito?», si stupisce pure il renziano Faraone, chiedendo quindi al capo del Viminale: «La Digos quella sera era operativa? Quante persone ha fermato? Quante segnalazioni sono arrivate?». Quesiti utili per capire come mai — ricorda Magi di +Europa — alla prima della Scala un comune cittadino è stato identificato per aver urlato “viva l’Italia antifascista” e stavolta invece nulla è accaduto.
Ma FdI non ci sta. «La solita ipocrisia della sinistra», taglia corto in una nota: «È dal ‘78 che si commemorano, anche con il rito del presente, dei ragazzi uccisi dall’odio comunista » e «utilizzare il ricordo di queste tragiche morti per fare bieca propaganda è squallido e vigliacco». Toccherà alla magistratura valutare se è polemica strumentale o materia da codice penale. La Procura di Roma attende un’informativa dalla Digos: in questura stanno vagliando le riprese.