Colpita da cattivi stili di vita e poca prevenzione oltre che da un invecchiamento irrefrenabile della popolazione, la salute degli italiani è a rischio. Ma non nella stessa misura da Nord a Sud, perché la nostra malandata sanità marcia sempre più a due velocità. A documentarlo sono due rapporti: quello dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane della Cattolica e il rapporto sulle performance regionali del Crea sanità.
I dati dell’OsservaSalute dicono che la mortalità evitabile nel Paese è salita da 63,98 decessi per 100 mila abitanti a 65,53 ed è ancora molto alta la quota di decessi attribuibili ai tumori e alle malattie cardiocircolatorie. Morti che si sarebbero potute evitare se le malattie si fossero intercettate per tempo con le campagne di screening. Nel periodo 2020-21 il 47% della popolazione target femminile si è sottoposta a screening per il tumore della cervice uterina (Pap test o HPV test), aderendo ai programmi offerti dalle Asl, ma una quota rilevante, pari al 30%, lo ha fatto per iniziativa spontanea. Solo che al Nord e al Centro la quota di donne che si sottopongono a screening per il tumore della cervice uterina nell’ambito di programmi organizzati è significativamente maggiore di quelle che lo fanno su iniziativa spontanea: 60% contro 25% al Nord e 53% contro 32% al Centro. Ma in generale nelle regioni meridionali la quota di donne che si sottopone a screening nell’ambito di programmi organizzati è fra le più basse (34%) e confrontabile con la quota di donne che lo fa su iniziativa spontanea.
La copertura media nazionale dello screening per il tumore del colon-retto è molto lontana dai valori attesi: nel 2020-2021 il 44% della popolazione target riferisce di essersi sottoposta, a scopo preventivo, a uno degli esami per la diagnosi precoce. Forte il gradiente geografico Nord-Sud e isole: la copertura dello screening per il tumore del colon-retto raggiunge valori più alti fra i residenti a settentrione (67%), ma è significativamente più bassa fra i residenti del Centro (56%), mentre al Sud e nelle isole precipita al 25%. Ampia la variabilità fra regioni: il dato più elevato di copertura si registra in Friuli con il 73%, quello più basso in Calabria con il 10%.
In calo anche le prime visite specialistiche. Nel 2021 ammontano a 23,6 milioni. Nel 2019 erano circa 26,7 milioni. Per quanto riguarda invece le visite specialistiche di controllo, nel 2021 ne sono state erogate 25 milioni e 243 mila; nel 2019 erano circa 32 milioni e 700 mila. In entrambi i casi il calo è più marcato al Sud.
«Sulla sanità italiana rischia di abbattersi una tempesta perfetta, da un lato con l’aumento dei fattori di rischio per la salute dovuto all’invecchiamento della popolazione, e dall’altro a causa del forte deterioramento del Servizio sanitario nazionale che riesce sempre meno a garantire i servizi, anche quelli essenziali», commenta Walter Ricciardi, direttore di OsservaSalute e Ordinario di Igiene alla Cattolica. Inoltre, sottolinea il professore, «dai dati dell’Osservatorio emerge che le diseguaglianze regionali in termini di assistenza sono aumentate nel tempo, determinando una sempre più forte spaccatura tra cittadini di seria A e di serie B».
Ma se il rapporto della Cattolica rimarca il ritardo del Sud sulla prevenzione, quello del Crea sanità mostra il volto di una sanità che in tutti gli aspetti marcia a due velocità. I risultati delle regioni su appropriatezza delle cure, esiti delle stesse, equità sociale, performance economiche e finanziarie, innovazione, sono state poi analizzate da un panel di 100 esperti ai quali è toccato dare i voti. Tre le promosse con ottimo: Veneto, Trentino e Alto Adige. La promozione la raggiungono anche Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche. Rimandate in 7: Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo. Mentre le bocciate sono 6, guarda caso tutte del Sud: Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria.
Scendendo nel dettaglio, si vede che la percentuale di persone che rinunciano alle cure per motivi economici e liste di attesa è chiaramente più alta nelle regioni meridionali, con Sicilia e Calabria al 7,2%, Puglia e Basilicata al 7,5%, Sardegna addirittura al 12,3%. Fa eccezione la Campania con il 4,7%. Percentuali che scendono tra il 5 e il 6% al Nord, ad eccezione del Piemonte che è al 9,6%. Stesso discorso per le famiglie che hanno avuto difficoltà ad accedere a servizi come farmacie o pronto soccorso. Al Centro-Sud Campania, Abruzzo, Molise, Sicilia e Puglia sono tutte tra il 9 e il 10%, al Nord le percentuali variano invece tra il 2 e il 5%, salvo il Friuli Venezia Giulia al 6% e la piccola Valle d’Aosta al 7,7%. Eccezioni che confermano la regola di una sanità sempre più spaccata in due.