La segretaria a Gubbio: “Non alimentiamo il conflitto, c’è il rischio di crimini di guerra” Poi sferza il centrodesta: “Contro Report superato Berlusconi, è il nuovo editto ungherese”
Alessandro Di Matteo
Elly Schlein arriva solo per la chiusura al conclave di Gubbio ma il suo intervento è di quelli che lasciano il segno. Quel “no” alle armi a Israele ha sorpreso molti, soprattutto nella minoranza del partito, ed ha subito attirato gli attacchi della destra ma anche dei centristi. «Dobbiamo porci la questione di evitare di alimentare questi conflitti, di evitare l’invio di armi e l’esportazione di armi verso i conflitti, verso il conflitto in Medio Oriente, in particolare in questo caso ad Israele». La segretaria va giù pesante: «Perché non si può rischiare che le armi vengano utilizzate per commettere quelli che si possano configurare come crimini di guerra».
La leader democratica parla a tutto campo e la linea è quella della contrapposizione netta alla destra. Affonda sulla Rai, parlando degli attacchi della maggioranza a Report, dicendo che «Meloni ha superato Berlusconi: questi attacchi al diritto di inchiesta nemmeno con l’editto bulgaro. Bisogna inventare altri tipi di editti, non so se editti ungheresi. Sono attacchi non degni di una democrazia».
Ma Schlein bacchetta anche l’esponente Pd che in Veneto si è astenuta sul fine vita: «Siamo qua per rilanciare alcune proposte di legge, come quella per assicurare un fine vita dignitoso. È parte del programma del Pd, della mia mozione. È un’occasione persa, quella del Veneto, che voleva solo dare dei percorsi attuando quanto previsto dalla Corte. Che la destra abbia sconfessati Zaia non stupisce, ma è una ferita che ci sia stato un voto del Pd». Quindi, rilancia la battaglia «da nord a sud» contro l’autonomia differenziata e ripete che il premierato è una sciagura perché indebolirebbe il capo dello Stato.
Sul fronte economico, poi, insiste sulla necessità di un «fisco progressivo», attaccando il «concordato preventivo che è una sorta di legittimazione di chi dichiara meno». Il Pd, afferma, deve «recuperare il terreno identitario sulla giustizia sociale». Quindi, un passaggio sull’Ucraina per assicurare che «non ci può essere nessuna ambiguità sul sostegno a Kiev».
Ma le parole sull’Ucraina, appunto, non bastano a sopire i malumori della minoranza per quell’uscita su Israele. Nessuno per ora esce allo scoperto polemizzando apertamene, ma a microfoni spenti più di un parlamentare “bonacciniano” attacca: «Ha tirato fuori una cosa che non ha senso, perché noi non mandiamo armi a Tel Aviv. .. Insegue Conte». La lettura è preoccupata: in vista delle europee, è il ragionamento, «non vuole subire la competizione M5s, una cosa che non porta da nessuna parte».
La leader Pd, peraltro, rilancia anche sull’immigrazione, proprio mentre a Roma inizia la conferenza dem di due giorni dedicata a questi temi: «Nell’incontro al Nazareno – annuncia – ci occuperemo di come riscrivere la legge criminogena Bossi-Fini». E quasi in contemporanea, a Roma, ci pensano PierFrancesco Majorino e Graziano Delrio a tracciare le linee della nuova legge sull’immigrazione che ha in testa il Pd: va messo da parte l’approccio “poliziesco” della destra, dice l’ex ministro, perché «un immigrato che lavora non è un pericolo per la comunità».
Dunque, «programmazione dei flussi, permessi temporanei più lunghi, passaggio delle competenze dal ministero dell’Interno a quello del Lavoro, no all’esternalizzazione delle frontiere (tipo Accordo con l’Albania, ndr), tornare all’accoglienza diffusa dei migranti». Solo Giorgio Gori va un po’fuori dal coro e avverte: «O immigrazione fa rima con legalità e sicurezza o la maggioranza degli italiani facilmente continuerà a vederla con timore e noi continueremo a perdere le elezioni».
Ma oggi, intanto, verrà ufficializzata una proposta di legge sulla cittadianza, si va ben oltre lo Ius scholae, «ripartiamo dallo Ius Soli», dice Majorino.