
Il confronto – L’etica del desiderio per salvare l’essere
20 Giugno 2025
Chi custodisce davvero la tradizione?
20 Giugno 2025Il nuovo Regolamento per la tutela del patrimonio culturale e delle attività del centro storico approvato dal Comune di Siena sembra voler segnare una svolta: stop alle aperture indiscriminate, tutela del decoro urbano, incentivi selettivi per chi investe in qualità. Ma dietro le buone intenzioni si cela un impianto che rischia di irrigidire ancora di più il centro storico, senza intaccare i veri nodi strutturali che da anni lo rendono sempre meno vivo e sempre più inaccessibile. Il cuore della città resta ostaggio di un sistema fondato sulla rendita, che il regolamento non solo non sfiora, ma finisce per assecondare. Si vietano alcune tipologie di attività – fast food, phone center, locali troppo piccoli – con l’obiettivo di selezionare l’offerta commerciale in base a criteri di qualità. Ma chi decide cosa è “qualitativo”? E soprattutto: chi può permettersi di esserlo? Senza interventi concreti sui canoni, sui fondi sfitti, sulla pressione immobiliare che ha espulso residenti e impedito il ricambio generazionale, anche le attività virtuose restano appannaggio di chi possiede immobili o ha capitali da investire. Le nuove regole parlano il linguaggio della tutela, ma operano una selezione silenziosa: non sulla base del merito o dell’innovazione, ma della capacità economica di stare dentro un mercato drogato.
Il regolamento arriva dopo anni di scelte urbanistiche promosse dagli assessori Michelotti e Tirelli, i cui effetti sono ancora pienamente visibili nel tessuto della città: polarizzazione delle funzioni, fondi vuoti, svuotamento della dimensione residenziale e quotidiana del centro. E il nuovo testo non interviene per correggere davvero quelle dinamiche, ma si limita a normare l’esistente, lasciando intatte le condizioni che le hanno generate.
È difficile non vedere l’ambiguità di un’operazione che interviene sui sintomi – il decoro, l’immagine, le insegne – lasciando intatte le cause: la rendita fondiaria, le rendite di posizione, il dominio del mercato immobiliare. Nessun tentativo di redistribuire gli spazi, nessuna riflessione sui costi d’accesso, nessuna strategia pubblica sulla residenzialità e sulle nuove economie urbane. Sembra che si voglia proteggere il centro come si protegge un oggetto fragile in una teca: con cura, certo, ma togliendogli l’aria. E così Siena rischia di trasformarsi in una città ordinata ma spenta, dove le attività si scelgono per regolamento e la vitalità viene lasciata fuori, per mancanza di coraggio.
Il coraggio che servirebbe per affrontare davvero il nodo della rendita, per ripensare la proprietà come leva di politica urbana, per costruire una città più aperta, accessibile, capace di futuro. Invece si procede a colpi di vincoli e divieti, senza una visione complessiva, senza un confronto ampio, senza un piano. Il risultato è una regolamentazione che rischia di fare ordine solo in superficie, lasciando intatto il fondo del problema. E intanto il centro resta vuoto: più elegante, forse, ma meno vivo.