I musei fuori dai musei
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2 Ottobre 2022di Paolo Sorrentino
I titoli di testa su fondo nero. Tutti, tranne il titolo, insieme ad una musica:Dr No’s fantasy di Elliott Fisher. Un brano strumentale ironico, cadenzato lento ed insinuante, come se stessimo in una spy story semiseria degli anni cinquanta. I titoli si susseguono e la musica comincia a scemare, lasciando il posto ad un remoto, cullante rumore del mare e ad una voce maschile che urla un nome: «Massimooo….Massimoooo».
I. Casa De Luca + ambienti vari
Casa De Luca. Casa dei genitori. Il silenzio degli anni cinquanta. Intorno, solo il mare attutito.
Contro le imposte socchiuse che sbarrano il passo ad un bombardamento di raggi di sole costretti a dardeggiare a strisce mobili e ondulate, rassicuranti, su un antico ed imponente armadio marrone, ecco la figura di Carla Boursier, di spalle, nuda, seduta sul ciglio del letto matrimoniale, che si pettina i suoi lunghi capelli biondi di venticinquenne. Figurina elegante. Sagoma esile. Non ci mostra il volto, ma le spalle bianche, nobili e flessuose che si inarcano precise nel seguire il lento, inesorabile, movimento del braccio che pettina questi capelli d’oro, fiabeschi, rischiarati dal discreto,perfetto sole napoletano.
Montagna. È silenziosa la potente bellezza della natura. Anche il vento implacabile, col suo fruscio continuo, un’altra forma di silenzio.
Adesso, nuvole opache e pesanti come appoggiate in basso lasciano scoperte solamente le cime nebbiose e tutte uguali di tanti pini di montagna. E le cime snelle di questi pini che si piegano tutti insieme, all’unisono, uniti e diligenti, come motociclisti nella curva, sobillati dal vento impetuoso. Ma è un attimo.
Casa De Luca. Camera di Massimo e Ninì.
Il richiamo della voce maschile di prima, quella di Ninì De Luca, ma ora più terreno, reale, vicino.
NINÌ (off)Massimooo…Massimooo… … mentre un braccio sporge rigido, orizzontale, fuori dal letto. Riverso su un fianco, il corpo rigato dal sole estivo che anche qui preme attraversole fessure delle imposte socchiuse.
Il rumore della risacca appena accennata del mare di sotto, lontano, pare che sfiori gli scogli.
Gli occhi chiusi di Massimo De Luca. Ventisei anni. Una zazzera disordinata di capelli castani. Una bellezza misurata la sua, normale, il viso che induce ad una certa tenerezza.Solo le mutande bianche interrompono un corpo glabro e magrolino. Altrove il lenzuolo bianchissimo, in parte a terra, come un sudario dimenticato, in parte scomposto sui piedi di lui.
È nella sua stanza, nel suo letto singolo, in legno scuro. Di fronte, ad angolo retto, l’altro letto vuoto e disfatto, quello di Ninì.
La luce mobile, riflessa dal mare, che ondeggia mobile sul corpo di Massimo.
NINÌ (off)Massimooo…Massimooo… La voce di Ninì gli fa aprire gli occhi, lentamente, le palpebre pesanti, guarda in mdp, ampi occhi azzurri, liquidi, ma è come se non guardasse, il sonno è ancora il suo padrone, infatti le palpebre ricadono pesanti così come si erano aperte. Non risponde, Massimo. Gli occhi chiusi. Sott’acqua.
NINÌ (off, urla) Massimooo.
Mentre, per un attimo, il dettaglio di una mano maschile gira una piccola manopola di ferro. Gli scogli neri nella baia di Trentaremi, sotto le rupi maestose e scoscese, con la roccia ostile chiazzata a caso dalla flora mediterranea. Neanche una casa attorno.
Come file di cadaveri al sole, molli, perduti, supini, gli occhi chiusi, i ragazzi: Massimo, Guidino Cacciapuoti, trentacinquenne trionfo di bellezza, scuro e abbronzato, e poi Mauro, bello ma mai quanto Guidino; Cocò Cutolo, bassino, baffetto che lo invecchia, faccetta incolore aspirante a furbizia; Livio De Martino, carnagione chiara, belloccio ma anonimo; Rossomalpelo, sui 25, divorato dalle lentiggini; Glauco, tutto muscoli, mascella volitiva, che lascia intuire cocciutaggine e scarsa intelligenza; Lillì Grimaldi, biondo quasi albino, capelli gonfi e pomposi, sulla trentina.
Tutti distesi al sole tranne uno, Ninì De Luca, con le gambe nell’acqua, concentrato, col mazzone e dedito alla pesca dei ranci felloni. Quelli già pescati, enormi e pelosi, giacciono pigri in una retina. Ninì è il più piccolo della compagnia, ha vent’anni, tracagnotto, tarchiatello, una vaga somiglianza con Massimo, gli occhi stretti che rivelano ingenuità e grande intelligenza allo stesso tempo.
Infilza un rancio fellone e riprende un discorso che aveva interrotto.
NINÌ
… insomma che ci posso fare! A me Flora Alvini mi fa impazzire, devo averla a tutti i costi. GLAUCO (senza aprire gli occhi) Elimina dalla memoria Ninì, quella veleggia altrove.
GUIDINO
Questo ancora deve cominciare e già pensa a Flora Alvini.
COCÒ
Quella va bene per Sasà.
Non è per te, tu sei ancora… (come se non trovasse la parola) Ninì si ferma, guarda Guidino.
Che sono io?
MAURO
Nu fessacchiotto, Ninì.
Risatine dei ragazzi. Anche Massimo ride, per un attimo, poi di colpo si fa serio.
NINÌ (offeso, minaccia infantile)Sì…sì…vedrete…
Casa De Luca. Corridoio.
In fondo, una grossa finestra sormontata da una tenda a minuscoli rombi.
Il sole attraverso la tenda. La penombra in tante minuscole losanghe di luce riflesse come in quadro di Klee, che si stampano contro le pareti del corridoio.
Ninì, in costume, vicino al tavolino del corridoio che ospita l’antico telefono nero, un posacenere, un blocchetto, una matita e un portasigarette d’argento. Ninì si guarda intorno, furtivo, via libera, apre il portasigarette, sottrae cinque sei sigarette.
La camera da letto dei genitori. La museale spalliera del letto antico. Il raffinato quadro raffigurante una madonna affranta, che sovrasta. Gli occhi lucidi di Massimo, a torso nudo appoggiato alla spalliera e in faccia un sorriso umiliato che copre il desiderio di morire. Gli occhi fissi su dilei, possiamo intuire, perché lei non la vediamo.
Ruvidi piedi di donna, striati da verdi folate di vene varicose, affogati in pantofoline vecchie e consunte, compiono passettini brevi e rumorosi, i piedi strusciati, mai sollevati, che ci scorrono lateralmente, avvolti nella penombra del corridoio, mentre dalla cucina proviene remoto il suono di un’aria nemmeno cantata, ma sussurrata, dolce.
La cucina della casa dei De Luca. Il richiamo da un’altra stanza interrompe.
NINÌ (off)Massimooo… Allora? Il disordine della cucina: le canne, le lenze, ingarbugliate in un angolo. Persino un motore fuoribordo a bagnomaria in un grosso lavatoio pieno d’acqua. Il caffè sul fuoco, cresce pigro.
E poi la scoperta di Attilio De Luca, il padre di Massimo e Ninì. Completo chiaro, capelli ordinatissimi, sessant’anni. La stanchezza della sofferenza negli occhi neri. È lui che sussurra quest’aria, di routine, seduto al tavolo della cucina, di sbieco, canta avvilito, fermo nella flebile ombra di un finestrino in alto. Col braccio appoggiato sul tavolo, senza impegno, fa delle palline di pane e poi Attilio che lascia cadere la pallina a terra, sul pavimento chiaro maiolicato, già invaso da altre centinaia di palline di pane.
Casa De Luca. Camera dei genitori
Tutta la schiena nuda inarcata, miracolo anatomico, di Carla Boursier sul ciglio del letto matrimoniale. Finito di pettinare, le braccia alzate, sta raccogliendo i lunghi capelli biondi in una coda di cavallo oscillante. Massimo la guarda. Lei, finalmente, si volta verso di lui e verso di noi. Il viso da ragazzina, gli occhi da donna, la bocca da donna, ma la bocca, l’espressione, ancora indifesa, spaurita, da amare a tutti i costi, un contrasto continuo che ti toglie il respiro, quest’adolescente donna e viceversa, fragile e impettita sul bordo del letto. E voltandosi verso Massimo rivela, di profilo, a stento, l’intuizione, solo l’intuizione di un seno piccolo, preciso. Sussurra lei, un tono di irrimediabile delusione e un accento francese che ti uccide definitivamente.
CARLA
Allora io vado?!
Con un’intonazione che galleggia tra l’affermazione e la domanda, risultato di un’innata ambiguità. E Massimo che la guarda ancora con quel suo sorriso umiliato, non risponde, distoglie lo sguardo che cade sul letto disfatto della madre… …al bar Middleton Il primo piano di Guidino Cacciapuoti, in pieno giorno, un sorriso scemo sul volto di questo affresco di bellezza che è Guidino, ma dietro l’affresco, il vuoto, l’horror vacui. Massimo, al colmo della rabbia, si avventa su Guidino e lascia partire un pugno sul volto del bellissimo, ma è un pugno poco convinto, un movimento pigro, lento, un po’ ridicolo, che non fa male e Guidino, sorpreso, si guarda intorno, cerca una spiegazione dai presenti. Che non arriva.
Casa De Luca. La camera da letto dei genitori Il primo piano di Massimo, gli occhi lucidi.
MASSIMO
Perché te ne vai?
Lei, commossa, sincera, lo guarda, questa voce da angelo francese…..
Se vuoi, non vado via, rimango….
Massimo la guarda, è la donna più bella e desiderabile del mondo, ora, ma Massimo non resiste, pensa, angustiato, lo sguardo altrove mentre un’immagine gli si stampa in testa, questa……Interno di Villa Peirce
© Gianni Fiorito
È un attimo, questa finestra antica, altissima, maestosa, illuminata a malapena da candele, coi vetri tutti bagnati, incastrati nei quadroni di legno bianco e al di là dei vetri il nero cattivo del buio, violentato per un istante dal rapido passaggio di un fascio di luce bianca, potrebbe essere il faro di un porticciolo.
Il rumore vicinissimo del mare, acqua agitata che non promette nulla di buono. I vetri che tremano incerti come durante una scossa di terremoto. Poi, al di fuori, l’onda maestosa del mare che vince tutto. Vince la finestra, spalancandola di colpo, e subito contro di noi ettolitri d’acqua che ci sommergono come il treno nel vecchio film muto che dava l’illusione di investirci.
Estratto dalla seconda stesura della sceneggiatura diFerito a morte liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Raffaele La Capria. Pubblicato per gentile concessione dell’autore.