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Per i trent’anni della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, il sindaco Nicoletta Fabio ha pubblicato un messaggio celebrativo: “presenza costante”, “progetti concreti”, “impegno per il bene comune”. Parole che sorvolano su una verità ben più scomoda.
Nel 2001 la Fondazione valeva oltre 6 miliardi e nel 2007, 12 miliardi di euro ai valori di mercato Oggi ne restano poco più di 500 milioni. Non si è trattato di un’evoluzione naturale, ma del risultato di gravi errori, opacità gestionali e subalternità politica che hanno compromesso ruolo, credibilità e patrimonio.
Parlare di “trasformazioni complesse” senza menzionare i “commissariamenti”, gli interventi d’urgenza, le riduzioni forzate, significa riscrivere la storia. La Fondazione non ha affrontato la crisi: l’ha subita e ne è uscita ridimensionata, insieme alla fiducia della comunità.
Il rapporto tra Comune, Fondazione, Università e Banca è rimasto segnato da una continuità opaca, dove i ruoli istituzionali si sovrappongono e le responsabilità si disperdono. Cambiano le maggioranze, ma non il metodo. Si continua a collaborare senza distinguere, senza controllare, senza chiarire.
Anche sul piano culturale si confonde spesso l’estetica con l’etica. Una mostra ben realizzata non basta a riparare anni di scelte sbagliate, silenzi e mancate assunzioni di responsabilità. La finanza pubblica non è una questione di immagine, ma di sostanza.
Il saluto al presidente uscente Carlo Rossi è dovuto. Ma è altrettanto necessario riconoscere che nessuna riflessione pubblica è mai stata aperta. Nessuna autocritica. Si è proseguito come se nulla fosse, semplicemente con meno risorse.
Il discorso del sindaco conferma questa impostazione: rassicurante, ma vuota. Si continua a confidare nel nome risolutivo, come se bastasse un volto per rimuovere il passato e immaginare il futuro. Serve invece una proposta strategica condivisa, fondata su trasparenza, visione e responsabilità.
Le nomine, soprattutto quando riguardano istituzioni di interesse pubblico, devono essere accompagnate da mozioni programmatiche chiare, costruite con il contributo di esperti, amministratori, forze sociali e cittadini interessati. Solo così sarà possibile valutare l’operato dei nominati su basi concrete ed evitare che tutto si risolva nelle solite ed inutili dichiarazioni di circostanza.
Guardare al futuro non significa celebrare il passato, ma cambiare metodo. Senza questo salto, ogni anniversario resta un’occasione mancata.