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8 Novembre 2022Zaki
Intervista allo studente egiziano dell’Università di Bologna
di Francesca Caferri
ROMA — Da quando a Roma c’è il governo di Giorgia Meloni, Patrick Zaki non ha avuto nessun contatto ufficiale con l’Italia. Lo studente egiziano dell’università di Bologna da più di due anni accusato di “diffusione di notizie false” da parte dello Stato egiziano non sapeva dunque cosa aspettarsi dalla nuova premier italiana a Sharm el Sheik. La speranza che il suo caso venisse sollevato, come poi confermato da Palazzo Chigi nella nota sull’incontro Meloni-Al Sisi , c’era tutta: la certezza no.
Patrick, cosa ha pensato quando ha letto la dichiarazione ufficiale italiana che parla anche di lei?
«Non sono stato sorpreso. Sinceramente mi aspetto che tutti leader presenti a Sharm sollevino con il governo egiziano la questione del mancato rispetto dei diritti umani in questo Paese. La Cop27 dovrebbe essere l’occasione per parlare di questo: cambiamento climatico, giustizia sociale, dignità, dirittiumani. Chi viene qui dovrebbe avere l’obbligo morale di parlare di questi temi. La mia speranza per questa conferenza è che porti alla risoluzione della questione dei detenuti politici in Egitto: di tutti. Parliamo di migliaia di persone che spero saranno rilasciate presto».
Aveva avuto qualche contatto con la premier o con i rappresentanti italiani prima dell’annuncio?
«No. Nessun contatto. Nessuna notizia. Né prima né dopo. Ma chiaramente il fatto che la mia vicenda sia stata menzionata mi dà speranza che le cose per me possano cambiarepresto».
Dall’Egitto le sono arrivati segnali in questo senso?
«Assolutamente no. La prossima udienza del mio processo è il 29 novembre e non so cosa aspettarmi. L’ultima volta il giudice ha detto alla mia avvocata di prepararsi a presentare la sua difesa finale, in modo da poter poi passare al verdetto. Ma quando ci sarà la sentenza e cosa stabilirà è ancora tutto da capire. Io, lo ripeto di nuovo, sono innocente. Non ho diffuso nessuna notizia contro lo Stato e voglio solo tornare a Bologna».
Come passa il tempo nell’attesa?
«Non ho molta scelta: non posso viaggiare. Perché in Egitto anche se quando vieni rilasciato dal carcere spesso vieni sottoposto a divieto di viaggio. E dunque la tua libertà, la mia libertà come quella di altre migliaia di persone, è una libertà limitata. Io studio molto. Sto per finire gli esami del mio master e spero di discutere la tesi ad aprile o maggio. In presenza, all’università di Bologna. Nel frattempo continuo a lavorare sul tema dei diritti umani in Egitto e frequento due corsi di italiano. Quando tornerò in Italia voglio parlare davvero bene la lingua».
Diritti umani in Egitto: non si può non parlare di Alaa Abdel Fatah, in sciopero della fame da 220 giorni e da due giorni anche della sete.
«Alaa è una persona che stimo moltissimo. Combatte con il suo corpo per tutti i prigionieri politici dell’Egitto. Ha fatto una scelta estrema. Ogni scelta è difficile in carcere. La sua è la più difficile di tutte. Come tutti noi, spero che si arrivi a una soluzione immediata del suo caso».