Il superbonus, una storia alla “Rashomon”
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Milano
C’è l’azionista che si lamenta «perché le domande scritte non sono state verbalizzate». Un altro che, parlando del suo investimento, sbotta: «Ho creduto in questa società ma non mi ha dato niente, mi ha solo tolto!». Ritornano le assemblee in presenza, quello “show” della finanza in cui ai top manager tocca di nuovo il confronto diretto con soci grandi e piccoli, spesso minuscoli (se contiamo la manciata di azioni che hanno in tasca) e sovente poco inclini ai complimenti. A inaugurare il ritorno alla normalità è Unicredit che, nella sua Tower Hall, ha tenuto ieri la prima assemblea in presenza dopo tre anni di black-out causa covid. Oggi si replicherà con un altro appuntamento clou, quello del Monte dei Paschi in cerca del sì all’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro che possa mettere in sicurezza il rilancio di Siena, prossimo perno del consolidamento. In attesa, a fine ottobre, della riunione degli azionisti di Mediobanca: i fari sono puntati sulle mosse della Delfin (famiglia Del Vecchio), primo socio al 20%, senza contare Francesco Gaetano Caltagirone, in seconda posizione col 5,6%, ma che potrebbe avere nel frattempo incrementato la quota.
Nel mentre gli azionisti di Unicredit a stragrande maggioranza (99,34% dei presenti) hanno dato disco verde alla seconda tranche del buyback (riacquisto di azioni proprie) per un altro miliardo fino a un massimo di 200 milioni di azioni (che saranno poi cancellate), portando la distribuzione ai soci relativa all’anno scorso, dividendi inclusi, a 3,75 miliardi. «Impegno mantenuto», secondo l’ad Andrea Orcel il quale ha spiegato che ciò «rappresenta un ulteriore passo verso la realizzazione della nostra strategia “Unicredit Unlocked” (letteralmente: “Unicredit sbloccata”, ndr) e delle nostre ambizioni finanziarie, generando forti rendimenti e creazione di valore per gli azionisti». Secondo il banchiere, che ha ricordato come al 30 giugno abbia centrato «i migliori risultati degli ultimi dieci anni almeno», l’istituto (+2,47% in Borsa) è sulla strada giusta: «Abbiamo delle fondamenta finanziarie e strategiche molto solide». Il presidente Pier Carlo Padoan ha passato in rassegna anche le difficoltà con cui si deve confrontare la banca: «In Italia – ha detto – l’incertezza politica si aggiunge alle incognite del futuro». Per aggiungere: «Come banca non permetteremo a eventi fuori dal nostro controllo di distrarci dal nostro obiettivo: sostenere al meglio l’economia europea e tutti i suoi cittadini». Oggi invece i riflettori si accenderanno su Mps, i cui azionisti – con in testa il Tesoro che ha il 64,23% – dovranno dare il via libera, dopo la Bce, all’aumento di capitale da 2,5 miliardi. Il Tesoro metterà 1,6 miliardi, dopo quelli già versati negli anni scorsi. L’ad Luigi Lovaglio dopo il voto lavorerà per convincere il mercato del valore inespresso del Monte e tratterà con possibili investitori “àncora”. Uno di essi, Anima, potrebbe mettere fino a 250 milioni mentre Axa ha opposto ieri un «no comment» su un suo possibile coinvolgimento.