L’aspirante ministro
5 Agosto 2022Five Aesthetica Art Prize finalists have found inventive ways of turning information into something more: installations, photographs and sculptures
5 Agosto 2022Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando il cardinale Camillo Ruini negò i funerali a Piergiorgio Welby, il militante del Partito Radicale affetto da distrofia muscolare e deceduto nel 2006 grazie a un medico che lo aiutò a morire. Oggi è l’attuale presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’arcivescovo di Bologna e cardinale Matteo Zuppi, a parlare del suicidio assistito e a dire che sarebbe pronto a celebrare il funerale della persona che lo ha scelto.
«Sì – ha risposto alla domanda se celebrerebbe le esequie in questo caso (a Welby furono negate) nel corso di una intervista apparsa su Vanity Fair- . Devo però chiarire un punto: la Chiesa non ammette l’eutanasia, ma chiede l’applicazione delle cure palliative. Si resta fino all’ultimo accanto all’amato, facendo di tutto per togliere la sofferenza del corpo e dello spirito, quindi senza alcun accanimento, ma difendendo sempre la dignità della persona». Zuppi si è pronunciato anche un altro tema dibattuto: la maternità surrogata: «La maternità surrogata è un problema? Sì, è un problema. Ma se mi chiedi di fare un battesimo a un bambino nato così ti rispondo: certo! Lo faccio. L’ho fatto».
La Chiesa cattolica non ha cambiato in questi anni la sua dottrina in merito all’eutanasia e al fine vita. Questa non è mai ammessa, ha sempre sostenuto. Eppure, se la sostanza non cambia, è mutato – e parecchio – l’approccio verso le persone che hanno scelto questa strada. Da indegni di ricevere le esequie, a persone a cui concedere, come a chiunque altro, l’ultimo saluto. Lo ha notato con soddisfazione anche Mina Welby, co-presidente Associazione Luca Coscioni e vedova di Piergiorgio. Accanto a Rosma Scuteri, malata di Sla, «diversamente credente», come diceva lei, Mina Welby ha conosciuto don Matteo Zuppi. Era parroco di Santa Maria in Trastevere. Dice: «Lui prima di essere prete è uomo, essere umano. Cerca di capire le sofferenze delle persone e, in semplicità, è accanto a loro, senza giudicare le loro scelte. Sono felice della sua stima e so che il funerale a Piero lo avrebbe fatto», commentando le parole del presidente della Cei.
Per Mina Welby, «nessuno può conoscere le forze e la capacità di sopportazione dell’altro, uomo o donna che sia. Zuppi per me è da sempre un “prete operaio”. Il mio ricordo di lui più bello non è il suo saluto a me per Rosma nei paramenti da Vescovo appena consacrato, ma un operaio in vestiti coperti da calcinacci, che va a casa di Rosma per benedire la sua salma. Zuppi è un cristiano come tutti dovremmo essere, se vogliamo esibirci con questo titolo».
Nella galassia cattolica il tema del fine vita suscita prese di posizione diverse, anche agli antipodi l’una dall’altra. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, e protagonista, con Giuliano Amato, di alcuni “Dialoghi post-secolari” pubblicati sotto forma di pamphlet nel 2006 da Marsilio, ha recentemente dichiarato come «tutti conosciamo le sofferenze a volte drammatiche di chi deve affrontare i momenti finali della propria vita».
E ha sostenuto, con apertura di spirito, la necessità di trovare una legge «che regoli questi momenti finali della vita». Ed anche per Civiltà cattolica, la storica rivista dei gesuiti, un compromesso sul tema è raggiungibile. In un articolo dello scorso gennaio la rivista sosteneva la necessità di arrivare a una legge condivisa da tutti.
Se i gesuiti si schieravano contro l’idea che sia lecito far morire, insieme ritenevano legittimo discutere su come «lasciar morire» e cioè sulla necessità di trovare un modo concreto ed efficace per impedire l’accanimento terapeutico e le sofferenze inutili nonostante vi siano difficoltà a normare il tutto.