
La pianificazione urbanistica e le politiche commerciali a Siena
12 Marzo 2025INTERVISTA
«La mia tesi di laurea, ora diventata libro e reading musicale, si basa sugli illuminanti insegnamenti di padre Antonio Gentili, appresi nei tanti ritiri fatti con lui a Eupilio e in Umbria» Il pianista di lungo corso racconta il suo cammino artistico e di impegno politico, passando per la rivelazione spirituale e la recente laurea in teologia
Nella vita di Gaetano Liguori la musica che gira intorno è tutto o quasi. E da un po’ di tempo il suo piano solo fa da colonna sonora a un cammino spirituale che è in continua evoluzione. Una rivelazione per questo figlio del ’68, nonché figlio d’arte del musicista Lino Liguori, 98 anni, a sua volta nipote di Gegè Di Giacomo, anche lui batterista e anima della mitica orchestra di Renato Carosone. Gaetano Liguori è nato a Napoli, 74 anni fa, ma è cresciuto a Milano diplomandosi in pianoforte e composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi: «Sono stato anche il primo allievo diplomato alla cattedra di musica elettronica inaugurata dal maestro Angelo Paccagnini. Poi dopo aver sperimentato, ho capito che la mia strada era il jazz». Un nomade della musica Liguori che ventenne andò in fuga da Milano, «città che mi ha sempre dato tutto e che non abbandonerò mai», per Parigi. Un viaggio di formazione assieme a quello che poi divenne il Collective Orchestra (titolo anche del discodel 1976) in cui figurava anche quel genio maledetto di Massimo Urbani, una cometa luminosissima del jazz mondiale volata via a soli 36 anni, nel 1993 . « Massimo suonava il sax come Charlie Parker, ma con due varianti, era bianco e romano», dice sorridendo sotto la barba sale e pepe il pianista che più volte ha attraversato l’Oceano suonando e partecipando al contempo a progetti di cooperazione in ogni parte del mondo, in soccorso degli ultimi, i diseredati della terra. « Fin da ragazzo, da cinefilo impenitente ho fatto mia quella battuta del film di Sam Peckinpah Pat Garrett e Billy the Kid in cui lo sceriffo Garrett dice al pistolero: “Sono cambiate le cose” e Bill gli risponde: “Le cose sono cambiate ma non io”. Ecco il mondo è cambiato e pure tanto, ma io no. Io non ho mai smesso di lottare e di credere che anche con la musica si possa fare qualcosa di buono per chi ha bisogno di aiuto”. Impegno e dignità, è anche il suo piano solidale. “Agli inizi degli anni ’70 con i maestri della classica, Pollini, Abbado e Gaslini, facevo parte di quella cerchia ristretta di musicisti del “circuito alternativo” che suonava gratis nei centri sociali e nelle fabbriche occupate dagli operai. Quella fase per me si chiuse nel 1979, quando all’Arena di Milano gli Area organizzarono il concerto di commemorazione per la morte di Demetrio Stratos con il quale avevo registrato La cantata rossa per il massacro di Massacro di Tell al-Za’tar, disco che tra l’altro verrà ripubblicato il prossimo maggio. Quella sera all’Arena, davanti a 60mila persone fan degli Area e del rock, fui l’unico jazzista invitato. Ma è anche vero che all’epoca a Milano eravamo quattro pianisti jazz, oggi invece ce ne saranno cinquecento», dice con fare attoriale, questo musicista eclettico prestato anche alla commedia dell’arte: « Non a caso fu Dario Fo che mi aprì le porte dei teatri». Prima di salire su un palco e di incidere una cinquantina di album (colonne sonore di film comprese) è stato un barricadero del Movimento studentesco, avventuriero alle scuole di sopravvivenza e militante sulle tracce di Che Guevara: « Ho suonato a Cuba davanti a Fidel Castro e al leader dell’Olp, il palestinese Arafat Il capo della nostra delegazione era ilgiovane Massimo D’Alema». E molto dopo la folgorazione per la magia del piano di Cecyl Taylor, il re del free jazz, è stato letteralmente folgorato sulla via di Damasco, finendo per laurearsi in teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. La sua tesi Silenzio grembo del mistero. L’esperienza e l’insegnamento di Padre Antonio Gentili è diventato un testo (Edizioni Scarabocchio) per reading molto partecipati con accompagnamento al piano (il 29 marzo presentazione alla Libreria Città Possibile di Milano).
Ma come è avvenuto l’incontro con il padre barnabita Padre Gentili?
« Potrei dire per caso, ma dopo gli studi di teologia il caso è una componente vana nel mio cammino spirituale. Venticinque anni fa la commessa di un negozio di cappelli mi suggerì di leggere Dio nel silenzio, libro scritto da padre Gentili con il frate cappuccino Andrea Schnoller. Un tonfo dentro dentro dime. Da quel momento ho iniziato a frequentare la Casa degli esercizi spirituali di Eupilio e poi ho seguito padre Gentili nei ritiri di Campello sul Clitunno, ad Assisi, luoghi dove ho sperimentato la bellezza e la potenza della natura che si sposa con la parola di Gesù. Quel Verbo che ho ascoltato e percepito ancora più forte nei corsi di padre Gentili, “preghiera del cuore”, “yoga e cristianesimo”, “digiuno e meditazione per la purificazione integrale”. Un’autentica rivelazione». Come è riuscito a conciliare il suo marxismo originario con il cristianesimo?
«Con la forza di un pensiero universale frutto di un sincretismo adatto a un uomo come me assetato di conoscenza e alla costante ricerca del senso. Padre Gentili già al risveglio all’alba mi ha condotto alla pratica dello Hatha Yoga, esercizi che si rifanno alla scuola del maestro Yogananda. Ad aprirmi la mente e il cuore è stata la sua visione davvero universale che segna l’incarnazione del Verbo, perché padre Gentili parla di tre precursori di Cristo. A Est Buddha che ha richiamato la centralità del silenzio, a Ovest Socrate, che è la centralità della coscienza e al Centro un coetaneo di Gesù, Giovanni Battista, in cui, secondo padre Gentili converge tutto il profetismo di Israele». Posizioni quelle di padre Gentili che spesso sono state al centro di critiche per via di questo “orientalismo” del suo cristianesimo. « Anni fa ho avuto l’onore di suonare per il compleanno del cardinale Carlo Maria Martini e nella mia tesi di laurea ricordo che nel suo primo pronunciamento magistrale raccomandava “che si tenga anche conto delle proposte di preghiera profonda che giungono dall’Oriente cristiano e non cristiano”. Padre Gentili citando il teologo gesuita tedesco Karl Rahner ricorda che “il cristiano del XXI secolo sarà un mistico, cioè una persona che ha sperimentato qualcosa o non sarà neppure cristiano”». Il misticismo ha ispirato anche il suo percorso musicale. « Nel monastero di Fonte Avellana che è uno dei luoghi dove torno spesso a rigenerarmi ho messo in scena La via Crucis con l’attrice Lucia Vasini voce recitante su testo del grande poeta cattolico Mario Luzi. Sempre con la Vasini abbiamo letto e musicato i Diari di Etty Hillesum e al pianoforte ho accompagnato Pamela Villoresi in uno spettacolo dedicato a Santa Teresa D’Avila». Prima di arrivare a padre Gentili è passato anche dal pensiero forte di padre Davide Turoldo. « Ho composto un’operina jazz ispiratami dal libro di padre Turoldo La Salmodia della speranza. Un testo davvero potente che mi ha dato la possibilità di unire la mia passione per la lotta partigiana e l’impegno contro il fascismo, alla ricerca della verità di Dio. La Salmodia della speranza è stato un grande concerto evento nel Duomo di Milano dove ancora in molti si ricordano di quella serata in cui la mia musica e le parole di padre Turoldo risuonarono poetiche e profetiche alle orecchie degli spettatori. Lo considero uno dei momenti spiritualmente più alti del mio cammino musicale. Così come il mio ultimo disco Un pianoforte per i Giusti (Bullrecords) che in un momento come questo di conflitti e di dilagante antisemitismo vuole essere la mia personale preghiera al pianoforte perché torni presto la pace tra i popoli».
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