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1 Febbraio 2025Come sono cambiati gli investimenti esteri. 15 domande per il bando regionale
Silvia Ognibene
Con oltre 90 mila lavoratori impiegati in imprese a capitale estero (il 7,7% del totale) e quasi 1.400 aziende a partecipazione straniera, la Toscana si conferma una regione ricca di investimenti internazionali. Stando ai dati diffusi ieri all’annual meeting di Invest in Tuscany, le realtà a capitale estero in Toscana (il 4,4% del totale nazionale) hanno un impatto economico pari al 15,5% del valore aggiunto, 20,9% nel manifatturiero. La Toscana attira in prevalenza investimenti da economie mature avanzate, con i primi 10 Paesi investitori provenienti dall’Ue, ad eccezione degli Usa che guidano la classifica con 170 imprese controllate e la Cina con 34. Tra gli investimenti di rilievo nel 2024 si segnalano StMicroelectronics, Jimmy Choo, AtlasInvest (nuove imprese), Fincantieri, Vection Technologies (acquisizioni), Baker Hughes, Solvay, Biomérieux (espansioni).
Accanto alle luci, però, ci sono le ombre. Non solo quelle delle multinazionali che negli ultimi anni dal territorio se ne sono andate o sono in procinto di farlo — la lista, non esaustiva, comprende Bekaert, Gkn, Trw, la Electrolux diventata Whirlpool e poi Beko — ma soprattutto c’è la fotografia dello smottamento degli investimenti esteri nel manifatturiero e nelle attività di ricerca e sviluppo. Secondo la ricerca di Teha, nell’ultimo decennio la base manifatturiera in Toscana si è contratta dell’11%. Guardando i dati forniti ieri da Riccardo Crescenzi, professore di geografia economica alla London School of Economics, si vede che gli investimenti in Toscana hanno cambiato pelle, con una cesura netta determinata dalla pandemia. Nel periodo pre Covid (dal 2003 al 2019) erano diretti per il 51% alla produzione, per il 5% alla distribuzione, per il 4% ai «quartieri generali», per il 28% alle funzioni di supporto e per il 12% alle attività di ricerca e sviluppo. Post Covid gli investimenti sulla produzione sono crollati al 10%, quelli in ricerca e sviluppo sono spariti (1%), sono cresciuti quelli sui quartier generali (18%), sulla distribuzione (20%) e sulle funzioni di supporto (51%). Il confronto con l’Emilia Romagna e la Lombardia mostra l’arretramento della Toscana su alcuni terreni chiave: restringendo il campo alle attività ad alto valore aggiunto e limitando l’analisi al periodo post Covid (2019-2023) si vede ad esempio che gli investimenti diretti esteri in manifattura pesano per il 10% in Toscana, per il 27% in Lombardia e per il 30% in Emilia Romagna; quelli in ricerca e sviluppo sono il 3% in Lombardia, il 9% in Emilia Romagna e l’1% in Toscana.
Il territorio brilla poco per almeno altri due fattori. La Toscana ha un posizionamento negativo per la presenza di startup innovative che nel terzo trimestre del 2024 risultavano appena il 2,4%, penultimo posto della classifica nazionale, prima solo della Sardegna. La Toscana è inoltre al 16° posto su 21 per l’incidenza dei laureati in discipline tecnico scientifiche: 15,8 laureati Stem ogni mille residenti (in Abruzzo, Molise e Basilicata sono oltre 21). L’indicazione arrivata dall’annual meeting è chiara: serve un processo di reindustrializzazione che da un lato sostenga lo sviluppo di comparti emergenti e altamente tecnologici e dall’altro rafforzi le filiere tradizionali. In questa direzione punta il bando della Regione da 10 milioni di fondi Fesr: sarebbero già 15 le domande arrivate.