C’era grande timore ai piani alti di viale Mazzini e, come ha ammesso Stefano Massini, ogni artista ha firmato quintali di carte ricche di clausole e condizioni per evitare il ripetersi di incidenti come il caso Fedez del 2021 durante il governo Draghi, con le accuse di censura alla dirigenza Rai. Il risultato è stata una carrellata di canzoni e di proclami. Non una bandiera né un’accusa di troppo, però un fascio littorio disegnato sulla maglietta di un giovane presente nel pubblico è stato più volte inquadrato dalle telecamere della televisione pubblica. Tutti finiscono per rispettare una linea sottile che si stende tra le parole, un velo che assomiglia pericolosamente a un bavaglio. Non si vede ma delimita il raggio di azione di chi si avventura nei monologhi e di chi accenna appena a qualche frase.
Si inizia verso le quattro di pomeriggio con Maria Antonietta e Colombre che alla fine del loro brano intonano ‘Give peace a chance’ di John Lennon e il concerto sembra quasi assumere un tono militante. Falso allarme. E’ vero, ci sarà poi Leo Gassman avvolto nei colori della pace. Di pace parleranno i Negramaro: «Ricominciamo tutto dalla pace» è il loro appello. La Rappresentante di Lista sostiene che «la guerra è una vergogna per l’umanità» E Big Mama con il suo stile schietto: «La guerra fa sempre schifo», dice.
Nessuno, però, va oltre la sottile linea e per esempio pronuncia la parola genocidio come era avvenuto a Sanremo provocando imbarazzo e irritazione all’interno della Rai. Alle otto di sera si balla Bella ciao. E Noemi parla della disparità di genere. Cita cifre, spiega quanto è difficile in Italia conciliare lavoro e maternità e avverte che «guadagnare troppo poco rende le donne vulnerabili» e che «solo con l’autonomia e l’indipendenza economica le donne si possono difendere da soprusi, ricatti e da uomini violenti». Potrebbe essere il momento giusto per aggiungere che il governo per la prima volta guidato da una donna non ha affatto reso la vita più semplice alle donne o agevolato il loro accesso al mondo del lavoro. Invece silenzio e rispetto della sottile linea che si preferisce non oltrepassare. Soltanto Morgan osa pronunciare la parola politici ma lo fa senza alcun affondo, soltanto per ricordare che «gli artisti non sono rispettati dalla politica ma dal popolo sì» e che «ai politici dico che noi italiani siamo gli inventori della musica». E gli ossequiosi custodi della sottile linea che si stende tra le parole di uno dei concertoni più timorosi che si sia mai sentito.