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Fianco a fianco. Israeliani e palestinesi. Nonostante i raid, gli attentati, la sofferenza e la sete di vendetta. C’è una palestra di fraternità dove quelli che la geopolitica chiama “nemici” si incontrano, dialogano e soprattutto sono pronti a farsi «ponti tra le persone, i popoli, le nazioni», scrivono. Utopia? No, scelta profetica di chi vuole andare oltre i muri e le frontiere costruite dalla storia. È il Consiglio dei giovani del Mediterraneo, il piccolo Sinodo permanente, tutto laico e under 35, voluto dalla Cei che dallo scorso luglio riunisce 37 ragazzi di diciotto Paesi affacciati sul grande mare. Fra loro anche i rappresentanti delle due terre su cui sono tornati a cadere i razzi, a infiltrarsi i terroristi, a muoversi gli eserciti. «Siamo in costante contatto con i nostri amici del Medio Oriente – racconta Pilar Shannon Perez Brown, 25 anni, spagnola, che fa parte del direttivo –. Sono fortemente provati. Noi li sosteniamo unendoci a loro nella preghiera». Come chiede papa Francesco.
Tutti insieme, come “ambasciatori” di un Mediterraneo nuovo e riconciliato, firmano l’appello giovane per far tacere le armi. « Il nostro cuore si spezza ogni volta che sentiamo parlare di guerra, in qualsiasi parte del mondo, ma soprattutto nel bacino. Invochiamo la pace per tutti i conflitti in corso, appellandoci alla buona volontà dei popoli e dei governi». Quindi il richiamo all’impegno che li accomuna nella consulta nata come eredità dell’incontro di vescovi e sindaci del Mediterraneo a Firenze nel febbraio 2022. «Crediamo nella pace e nel dialogo e, come Consiglio, desideriamo la loro promozione. Condanniamo fermamente qualsiasi uso della violenza, inadatta a risolvere i conflitti e generatrice solo di odio. Mai nessuna guerra
ha posto fine ad altre guerre». Poi il grido di dolore per la Terra Santa. « La guerra e le uccisioni da entrambe le parti, che gravano peraltro sui civili, sui più deboli, sui bambini, sugli indifesi, non risolveranno mai il problema storico, fratricida, della regione di Abramo». I giovani delle diverse sponde chiedono «ai leader politici di scegliere coraggiosamente la via del dialogo, di favorire la giustizia che porta la pace» e alla comunità internazionale «di porre le basi per una convivenza pacifica tra palestinesi e israeliani, attraverso gli strumenti della diplomazia». A ispirare il loro sogno e la loro azione è Giorgio La Pira, il sindaco “santo” della città che ospita la sede dell’organismo: Firenze. Un progetto che la Cei ha affidato a quattro realtà toscane che si richiamano all’attenzione verso il Mediterraneo dell’ex padre costituente: la Fondazione Giorgio La Pira, l’Opera per la gioventù Giorgio La Pira, il Centro internazionale studenti Giorgio La Pira e la Fondazione Giovanni Paolo II, onlus per lo sviluppo e la cooperazione nei Paesi più fragili. Sui suoi passi i ragazzi si propongono come mediatori dal basso per avvicinare i coetanei in conflitto. « Possiamo ospitare iniziative di riconciliazione che possano incentivare il dialogo, l’ascolto, la reciproca conoscenza delle proprie ragioni, l’amicizia tra i giovani dei due popoli», evidenziano nel testo. La Chiesa italiana è accanto a questo laboratorio di speranza. « Di fronte a tragedie che sembrano impossibili da superare o a lotte intestine che durano da decenni abbiamo giovani che hanno il coraggio di dire: “Noi ci siamo” – afferma il sottosegretario della Cei, don Gianluca Marchetti –. Le cancellerie guardano agli interessi degli Stati e la politica cavalca i malumori delle masse. Le nuove generazioni, invece, ci ripetono che non possiamo arrenderci alla violenza e alla malvagità, che i pregiudizi possono essere vinti, che le ferite vanno riconosciute ma non è bene fermarci ad esse, che la giustizia è importante ma la misericordia è più grande».
Le rive del Mediterraneo le hanno già unite. Come anche i tre continenti da cui arrivano: Europa, Asia e Africa. « Il Consiglio – sottolinea Pilar – è un esempio di dialogo tra donne e uomini che appartengono a realtà marcate anche dagli scontri. Intendiamo essere antidoti alle crisi nelle nostre società, nei nostri gruppi, nelle nostre famiglie. E vogliamo essere messaggeri di riconciliazione per il mondo politico. Favorire la pace e la giustizia tra le nazioni che sono solitamente etichettate come antagoniste è la missione che ci accomuna». Intorno a un’agenda chiara. «Quattro sono i pilastri – riferisce la consulente risorse umane che rappresenta la Spagna nell’organismo –: l’istruzione, che è una formidabile risposta all’odio, l’educazione alla fede, l’impegno civico, lo scambio di esperienze con un approccio ecumenico e interreligioso ». Sanno i ragazzi che chi ha in mano le sorti del pianeta spinge sull’acceleratore delle tensioni. « I leader mondiali hanno fallito. Hanno abdicato a ogni sforzo per prevenire le guerre. Abbiamo necessità di governanti che aprano nuove strade e che abbiano la forza di parlarsi faccia a faccia senza nascondersi dietro le bombe o la propaganda ». Sul modello del Consiglio dei giovani, scuola di diplomazia popolare nel quotidiano.