Indietro tutta, per l’ennesima volta. Governo e maggioranza tentano il blitz sullo scudo penale per gli evasori ma la reazione per una volta coordinata e determinata dell’opposizione li costringe a una fulminea ritirata. Il calendario incalza, il rischio dell’esercizio provvisorio prende forma eppure Montecitorio sembra vittima di un sortilegio. Tutto resterebbe pietrificato, se non ci fosse appunto la minaccia dello scudo penale. Sembrava essere uscito di scena, invece salta di nuovo fuori solo per essere di nuovo affossato dall’insurrezione dell’opposizione. La giornata diventa frenetica ma è un falso movimento. A sera inoltrata la commissione è ancora in stand-by.

PER IL PREVISTO APPRODO della manovra in aula ci vorrà quasi la bacchetta magica. I ministri Lollobrigida e Salvini si augurano anche di evitare la fiducia, una chimera, purché «l’opposizione sia responsabile». Come se a bloccare tutto non fosse proprio la maggioranza. La notte tra lunedì e martedì i deputati della Bilancio la hanno passata in commissione riemergendo allucinati alle 6 del mattino. Potevano tranquillamente andarsene a dormire, non avendo fatto niente durante la veglia. La maggioranza non trova l’intesa, la commissione slitta: alle 13, no alle 14, va be’ facciamo le 16, ma meglio le 16.30 e così via oltre l’imbrunire quando arrivano i 30 emendamenti dei relatori. Senza che la commissione riparta, peraltro.

ESASPERATI, I CENTRISTI del Terzo Polo sbottano e alzano i tacchi: «Per noi finisce qui. Ci rivediamo in aula», annuncia Marattin. Si imbufalisce anche Giorgetti. «Se continua così andiamo direttamente in aula col testo base», fa filtrare. E’ un altro sogno. Non si può fare. C’è di mezzo la sciagurata norma sul tetto di 60 euro per il Pos. Testo base o meno, quella deve saltare. La Ue è stata tassativa: su quel fronte non si scherza. Il ministero si affretta a far sapere che anche il testo base sarebbe depurato dalla norma all’indice. Solo che ci vorrebbe un emendamento, di conseguenza arriverebbero i subemendamenti e il tempo vola. Pensarci qualche giorno fa, quando l’opposizione proponeva proprio quel che adesso vuol fare il governo, stralcio della norma e rimborsi per i commercianti penalizzati, avrebbe accelerato e agevolato, commenta Cecilia Guerra. Mette il dito sulla piaga. Il vero danno che questa manovra piena di segnali e vuota di sostanza farà all’immagine del governo è la clamorosa prova d’inettitudine ancor più del contenuto.

A RENDERE LA SITUAZIONE surreale contribuisce il vuoto d’informazione su quali siano gli oggetti del contendere. Con pochi spicci ancora in ballo non può che trattarsi, in buona parte, di rimodulazioni delle misure già annunciate. Come lo stralcio delle cartelle, dal quale dovrebbero essere escluse le multe e il resto andrebbe concordato con i comuni, e con i chiari di luna che li affliggono saranno di manica larga come zio Paperone. Oppure saranno trovate geniali come il raddoppio del bonus per i diciottenni: 500 euro per le fasce Isee sotto i 35mila euro l’anno, altri 500 per quelli che prendono il massimo dei voti, 100, alla maturità. Tanto per dare un senso al ministero ribattezzato «del merito». Per la destra, che di sfuggita ha stanziato una trentina di milioni per le parificate, il merito è questo. O ancora giochi di prestigio come un calmiere sull’aumento del prezzo delle sigarette compensato però da quello del trinciato. Trovate bislacche come la folle decisione, che peraltro non è in manovra, di eliminare la possibilità delle ricette consegnate online dai medici di base. Giusto per portare al collasso definitivo un sistema già tracollato.

IL COLPACCIO ERA LO SCUDO penale, ipotesi già avanzata una settimana da dal suo ideatore, il viceministro forzista Sisto ma che sembrava poi esser stata messa da parte. In cambio della «emersione», cioè del saldo con modesto aggravio, sarebbero stati cancellati i reati penali: omessa o infedele dichiarazione e omesso versamento. Appena circola la notizia del possibile emendamento le opposizioni, Pd e M5S, insorgono. «Sarebbe inaudito», s’infuria la capogruppo Serracchiani mentre i 5S esigono lo stralcio. Procedere significherebbe bruciare ogni ponte ed entrare in rotta di collisione irreparabile nel momento peggiore.

LA FIDUCIA CHE IL GOVERNO giura di non voler mettere sarà invece necessaria per portare la legge a palazzo Madama tra il 27 e il 29, e anche al Senato non sarà possibile evitarla, a 48 ore dall’esercizio provvisorio. Ma anche così il fair play dell’opposizione resta necessario.

Di conseguenza lo scudo sparisce. «Vittoria»,esulta la capogruppo Pd. Conte resta sospettoso: «La nostra ferma opposizione preventiva ha dato i suoi frutti. E’ chiaro che sorveglieremo perché l’emendamento non torni». Con un governo così goffo e maldestro non è escluso.