È il valore dell’export verso gli Usa, su cui pende la minaccia del neo presidente su possibili barriere commerciali
di Azzurra Giorgi
« Il timore c’è, inutile negarlo » ripetono da giorni associazioni e produttori. Dall’agro-alimentare al manifatturiero. Mentre osservano dati certi, come il valore dell’export toscano negli Stati Uniti (oltre 9 miliardi nel 2023 e circa 7,5 nei primi nove mesi del 2024), e quelli incerti. Riconducibili a una domanda: ci saranno davvero i dazi promessi da Trump? E a quanto ammonteranno?
«Siamo in attesa, vediamo che succede » ribadiscono tutti. Ma la preoccupazione c’è. E fa seguito ai primi annunci sull’introduzione di dazi al 25% per le importazioni da Messico e Canada e del 10% dalla Cina, oltre che a promesse, in campagna elettorale, di un 10% su tutti i prodotti dall’estero. Non sarebbe cosa da poco. La Toscana ha esportato, nei primi 9 mesi del 2024, merci per un valore di 7,5 miliardi di euro negli Stati Uniti (dati Istat). Nel 2023 aveva superato in totale i 9 miliardi, in aumento. Tra i principali settori agroalimentare ( 865 milioni), moda ( 1,3 miliardi) farmaceutica (3,6 miliardi). Poi metalli e prodotti in metallo, mezzi di trasporto, in particolare navi. E quest’anno, la sola provincia di Firenze, secondo la Camera di Commercio, potrebbe arrivare a 5,8 miliardi di valore. D’altronde, per le imprese fiorentine gli Usa sono il primo mercato di sbocco, e lo stesso vale per marmo di Carrara, vino e olio secondo il monitor sui distretti e poli tecnologici toscani di Intesa Sanpaolo, che calcola un + 16% di export negli Usa tra i primi 9 mesi del ‘ 24 e quelli del ‘ 23. « Bisogna distinguere tra propaganda e reali decisioni. In passato Trump aveva annunciato misure mai attuate. Monitoriamo » ha detto nei giorni scorsi il presidente di Regione, Eugenio Giani.
Non la pensano diversamente produttori e associazioni. Dove il timore si sente. «C’è grande incertezza. Asoffrire di più potrebbero essere tessile, arredamento, meccanica di precisione. Un aumento di dazi creerebbe non pochi problemi considerando che in certi settori c’è un discreto rallentamento della domanda» spiega il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini. Nell’oreficeria, che là è in crescita, «dazi al 15% sarebbero massacranti, è il nostro mercato più importante. Potremmo accettarlo sulle manifatture, ma sul metallo no » continua il presidente di Confartigianato orafi Luca Parrini. Anche per la moda, già in difficoltà, è uno « sbocco di riferimento. Nel 2024, a livello nazionale, 865 milioni solo per le borse — spiega la presidente di Assopellettieri Claudia Sequi — . Ci auguriamo che quanto annunciato non si concretizzi e che Italia e Ue trovino un accordo«. Nell’agroalimentare, invece, rischiano perlopiù vino e olio. Anche qui gli Usa sono spesso il primo mercato: vale per il Brunello di Montalcino (oltre il 30%), per il Chianti Classico, per il quale gli Stati Uniti rappresentano il 35- 36% dell’export. Un mercato fedele, che da anni acquista in grandi quantità. Poi c’è l’olio: negli Usa finisce quasi una bottiglia su due. «La preoccupazione c’è ed è indubbia. Nel primo mandato Trump però grandi problemi non ci sono stati, anzi. L’attenzione è alta ma c’è anche la consapevolezza che dell’olio esportato il 90% è Igp e va in una distribuzione in cui c’è richiesta di prodotti particolari — dice il presidente del consorzioOlio toscano Igp Fabrizio Filippi — . È un prodotto molto richiesto: non ce la faremo a soddisfare la domanda, quindi non so se poi si faranno un’auto-rete del genere. Anche perché, più aumentano i dazi, più potrebbero crescere i prezzi ai consumatori: non farebbe un favore ai propri cittadini».
Il rischio, continua il consigliere di Federagripesca Toscana Massimo Tuccio, « è che il prodotto italiano diventi sempre più elitario. Una guerra commerciale peserebbe non poco sul prezzo finale del prodotto stesso » . Ci sono territori particolarmente esposti, come Firenze, ma pure in altri, come Prato-Pistoia-Lucca a vocazione «più europea», la quota è comunque « significativa, intorno al 10% — conclude Matteini — Dobbiamo prendere atto delle nuove circostanze: valuteremo ciò che ci verrà proposto. L’Ue però ha margini di manovra per discuterne».