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13 Giugno 2025
Israël tente-t-il de faire tomber le régime iranien ?
14 Giugno 2025Le contraddizioni del contemporaneo, in una città che si è arresa alla propria “normalità”, non arrivano né alla politica, né agli apparati intermedi, né all’università. Le tensioni sociali, le disuguaglianze, il disagio diffuso restano ai margini, ignorati da un potere — locale, accademico, economico e culturale — incapace di dirigere i processi e di indicare obiettivi di interesse generale, ripiegato com’è sulle proprie logiche di autoconservazione.
La politica, anziché mettere in discussione questo sistema, da esso cerca soltanto legittimazione. Non tenta di trasformarlo, non costruisce alternative: si limita a chiederne il riconoscimento. E così finisce per svuotarsi, rinunciando a ogni funzione critica.
È in questo vuoto che la politica diventa teatrino. Un gioco senza spettatori, senza credibilità, senza impatto. Un’esibizione rituale che non riguarda più la città reale, ma solo i piccoli equilibri di un ceto politico autoreferenziale.
La vicenda del cambio del capogruppo del Partito Democratico a Siena ne è una rappresentazione esemplare. Presentata come un atto di rafforzamento, è in realtà l’ennesima manovra interna, priva di senso politico, maturata nel chiuso delle stanze, senza confronto né trasparenza. Si rimuove chi ha ricevuto legittimazione dagli elettori per sostituirla con chi quella legittimazione non l’ha ottenuta. Non per una scelta di linea, non per un progetto, ma per logiche interne, difensive, ormai scollegate dalla realtà.
Chi aveva creduto in un rilancio dopo le comunali, chi si era iscritto con l’idea di partecipare e contribuire a una fase nuova, oggi si trova escluso, disilluso, messo ai margini. I documenti critici circolano senza firme, le posizioni si smorzano prima di diventare pubbliche. La paura di rompere è più forte della volontà di cambiare.
In questo contesto, per il centrodestra oggi al governo della città, la partita è più semplice. Gli apparati — economici, istituzionali, culturali — hanno comunque bisogno di un rapporto con chi amministra. Il potere locale si adatta, si riorganizza, si accoda. Gli eletti nazionali hanno preso il posto degli amministratori nella mediazione con il territorio, rafforzando l’asse con chi governa, mentre quelli della sinistra — nazionali e regionali — hanno sempre avuto delle difficoltà maggiori a ragionare sulla città capoluogo.
E così, ancora una volta, si cambia un volto per non cambiare nulla. Un gesto che non dice niente alla città, né a chi ancora — faticosamente — cerca di costruire un’alternativa. Perché senza visione, senza ascolto, senza direzione, la politica non produce futuro. Solo rappresentazione.