
Col corpo umano dentro l’arte e la storia
22 Giugno 2025
I’m Waiting For The Man
22 Giugno 2025SPETTATORI PER UNA SETTIMANA NUOVO CINEMA MANCUSO
Guadagnino non stop Infaticabile Luca Guadagnino. “Queer” è uscito senza il successo che meritava – lo spettatore italiano a sentire love story tra maschi pensa a un film di nicchia, non a un capolavoro della letteratura americana. Il romanzo di William Burroughs uscì negli anni 50 del Novecento: prima erano censura e perbenismo, ora disinteresse e scarsa curiosità; pochi apprezzano i cieli di Città del Messico con “quella speciale sfumatura d’azzurro che si intona tanto bene con gli avvoltoi volteggianti”.
Tra i progetti, ci sarebbe una versione contemporanea di “American Psycho”, accantonata. Cancellato “Sgt. Rock” con Colin Farrell – pare che il progetto vada avanti senza Guadagnino, l’incursione del regista nel mondo dei supereroi è almeno rimandata. Spunta un progetto in fase già avanzata, per Amazon MGM Studios. Sarebbe il terzo, per la ditta, dopo “Challengers” e “After the Hunt”, in uscita al cinema il 10 ottobre, con Julia Roberts e Michael Stuhlbarg.
“Artificial” è una storia d’amore nel mondo dell’intelligenza artificiale. Alla sceneggiatura, Simon Rich: nel 2015 ha prodotto e sceneggiato la serie tv “Man Seeking Woman” (dal suo romanzo “The Last Girlfriend on Earth”, uscito due anni prima). Gli attori saranno Monica Barbaro, che era Joan Baez accanto a Bob Dylan-Timothée Chalamet nel duetto avvelenato, due chitarre e tanto odio, nel film “A Complete Unknown” di James Mangold. Al suo fianco Andrew Garfield – molto spettegolato come suo fidanzato tenuto segreto per mesi – e forse Yura Borisov di “Anora”.
“Artifical” racconta – sembra intrecciato con una storia d’amore – il momento in cui OpenAI licenziò Sam Altman, uno dei suoi fondatori e primo amministratore delegato. Neanche una settimana dopo il giovanotto – nato nel 1995, nel 2023 era tra le 100 persone più influenti, secondo Time – torna vincitore, sempre come amministratore delegato. Viene in mente Mark Zuckerberg, con i suoi biglietti da visita “I’m CEO, Bitch” (aveva 22 anni, sembrava il ragazzino delle consegne, pure Sam Altman non scherza, quanto a babyface).
“Ci saranno romanticismo, dramma, e AI ai massimi livelli”, ha detto Monica Barbaro al lancio della serie Netflix FUBAR – che intanto ha totalizzato 12 milioni di spettatori. I dettagli rimangono segreti, ma nelle intenzioni non è il solito film con le celebrità alle prese con la tecnologia. Le questioni in gioco hanno a che fare con le care vecchie cose del mondo – diciamo così – non virtuale. Il potere, la personalità di ognuno, la fiducia, mentre esistono i deepfake e circolano sui social. Va detto che la gente è credulona, basta poco. Anni fa, Steven Spielberg – seduto sulla carcassa di uno dei suoi dinosauri di gomma e ingranaggi – è stato preso a male parole dagli animalisti.
TRE AMICHE
di Emmanuel Mouret, con Sara Forestier, Vincent Macaigne, Camille Cottin, India Hair, Damien Bonnard mancava, Emmanuel Mouret.
Con le sue storie parigine – per questo film, trasportate a Lione. Con i suoi dialoghi sull’amore alla francese, leggeri anche quando
toccano questioni vitali. Mia ama ancora? Mi tradisce? E’ stanco di me? Peggio: non lo amo più, lui mi adora, come faccio a dirgli la verità? I tormenti appartengono a Joan, insegnante in un liceo, e alle sue amiche. Alice che insegna nella stessa scuola – l’attrice Camille Cottin di “Chiami il mio agente!” (versione originale francese) – e Rebecca, al momento disoccupata (l’attrice è Sara Forestier). Sentiamo all’inizio la voce di Victor, l’attore Vincent Macaigne: Emmanuel Mouret gli ha ceduto la parte da primo attore che nei film precedenti riservava per sé (con la sua aria goffa, e le sue grandi orecchie). Joan non è più innamorata. Non sa come dirlo al consorte Victor, e alla loro bambina che recita poesie sui suoi pantaloni preferiti quando fa la valigia per le vacanze. Alice non viole più saperne dell’amore, ha avuto due relazioni passionali e tormentate, ora vive tranquilla con Eric, l’attore Damien Bonnard (le attrici qualche volta la abbiamo viste, degli attori conoscevamo solo Vincent Macaigne). Eric ha una relazione segreta con Rebecca, ufficialmente single – è lui l’uomo misterioso, mai nominato. Questa la situazione di partenza, molti saranno gli sviluppi: in materia di sentimenti nessuno dice la verità. Meno che mai in una commedia francese.
Ci
ELIO
di Domee Shi, Adrian Molina, Madeline Sharafian, doppiaggio di Alessandra Mastronardi, Adriano Giannini
Iragazzini
sognano ancora lo spazio? Le due registe più uno del film – due di origine esotica, uno di origine latina – sono convinte che sì, magari nella forma più sofisticata: “C’è vita oltre a noi, nell’universo?” Elio, orfano di entrambi i genitori vive con la zia Olga, più interessata al suo lavoro: cercare se c’è vita nello spazio, con la sua bella divisa mimetica che sfoggiata in casa non ha proprio senso. E’ l’ultimo film Pixar, che non ha fatto granché di buono dopo che ha licenziato John Lasseter (e già era molto scesa di livello diventando Disney-Pixar). Il ragazzino si sente fuori posto sulla terra, e vuole farsi rapire dagli alieni. Insomma, da qualcuno proveniente da un pianeta lontano che veda e interpreti i suoi segnali – mandati dalla stazione terrestre mentre la zia era distratta. Prima, disegnava cerchi sulla sabbia, con accorate preghiere: “Son qui, venitemi a prendere”. Chiedi oggi, chiedi domani, finisce nel Comuniverso, abitato da esemplari provenienti da ogni pianeta pacifico. Sì, arriva la lezioncina. Prima il nostro fa amicizia con un extraterrestre informe e solitario come lui – sembra, finché il genitore guerrafondaio mobilita i suoi guerrieri per andarlo a prendere. Gli abitanti del Comuniverso sono bizzarri, leggono nel pensiero, mutano forma. Per famiglie, se ancora portano i rampolli a vedere questi film. Poi saranno gli Avengers e gli altri supereroi, e sarà peggio.
28 ANNI DOPOdi
Danny Boyle, con Aaron-Taylor Johnson, Jodie Corner, Ralph Fiennes, Jack O’ Connell
Ventotto
anni dopo aver inventato gli zombi aggressivi e veloci – nei classici film di George A. Romero dopo il morso fatale erano lenti e un po’ tonti – Danny Boyle racconta l’evoluzione degli infetti. Dal virus della rabbia, sfuggito a un laboratorio britannico, nel film del 2002. Li vediamo dopo un po’. Prima siamo su una piccola isola di sopravvissuti, collegati alla terraferma da un lungo ponte che sparisce quando si alza la marea. La Gran Bretagna tutta è in quarantena, regredita alla vita campagnola, senza internet né elettricità. Jamie, padre di un ragazzino – diciamo così per comodità, a 12 anni maneggia con destrezza l’arco e le frecce – vuole prepararlo alla vita crudele e spietata oltre il braccio di mare che tiene al sicuro il loro rifugio. Di là c’è la vecchia casa e la mamma malata: ha fortissime emicranie che le annebbiano il cervello. Il ragazzino Jamie scopre che gli infetti si sono evoluti e divisi in due categorie: gli alfa, veloci e cattivi, e certi bamboccioni grassi e pigri, passano la vita a mangiare tutte le schifezze che trovano. Trova anche la mamma, che giace a letto. E forse anche un dottore che possa curarla. Ralph Fiennes, mezzo nudo e vestito di stracci per l’altra metà, sembra più uno stregone ma bisogna accontentarsi. Papà non sembra tanto contento, ma Jamie è deciso, anche a cavarsela da solo. L’horror è pesante e irrompe dopo molte scene bucoliche. Danny Boyle è sempre bravissimo.
BALLERINA
di Len Wiseman, con Ana de Armas, Keanu Reeves, Catalina Sandino Moreno, Gabriel Byrne
Nessuno
più sa raccontare una storia che inizi e finisca in tempo ragionevole – son scarsi di idee gli sceneggiatori? O sono gli spettatori rassicurati da storie sempre uguali, come i bambini che vogliono ascoltare la fiaba che conoscono? “Ballerina” viene dal mondo cinematografico di John Wick. Quinto film in ordine cronologico, ma va a incunearsi tra il terzo capitolo “Parabellum” e il quarto capitolo. John Wick, per i poco pratici, è Keanu Reeves con i capelli lunghi e l’aria sempre contrariata. Nome in codice: Baba Yaga. Bisogna capirlo. Faceva il killer, vive nascosto. E’ appena rimasto vedovo, abbandona il suo nascondiglio quando il mafioso e principe russo Tarasov gli porta via i regali della moglie, gli uccide il cane e fa sparire e la preziosa Mustang. La vendetta sarà atroce, accanto a lui combattono i suoi scagnozzi. Disegnato il quadro bisogna mettere i colori, ed è quasi sempre sangue. Ana de Armas sta chiusa in un armadio, papà spera così di proteggerla dai criminali che stanno per ucciderlo: i criminali della Ruska Roma. La rapiscono, la crescono facendole fare gli esercizi con la sbarra e altrettanti con armi e granate e lanciafiamme, Anjelica Huston le spiega i fondamentali: “Sarai sempre la più piccola e la più debole. Per vincere devi cambiare i termini del combattimento”. Detto e fatto. Combattimenti acrobatici uno dopo l’altro. Con tutti i mezzi a disposizione, anche dentro uno chalet. Era meglio accanto a James Bond.