Il 16 novembre 1989 telefonai all’ambasciata sovietica a Parigi e chiesi di parlare con il signor S. Il centralinista non rispose. Dopo un lungo silenzio, una voce di donna disse: “Sai, il signor S. è tornato a Mosca ieri”. Ho subito riattaccato. Mi sembrava di aver già sentito questa frase al telefono. Le parole non erano le stesse ma avevano lo stesso significato, lo stesso peso di orrore, ed erano altrettanto impossibili da credere. Più tardi, ho ricordato l’annuncio della morte di mia madre tre anni e mezzo prima, quando l’infermiera dell’ospedale aveva detto: “Tua madre è morta questa mattina dopo colazione”.