Nello scandalo Qatar-Europarlamento c’è un grande assente: si parla sempre dei presunti corrotti, mai del presunto corruttore. Eppure, i giornali sono pieni, fin dal primissimo momento, di indicazioni chiare sull’origine del soldi trovati a casa di Eva Kaili, europarlamentare greca socialista, e Antonio Panzeri, ex europarlamentare del Pd: il Qatar e il Marocco.

Eppure praticamente tutte le reazioni riguardano il danno di reputazione per le istituzioni europee, non il paese a monte della catena corruttiva. Come mai?

QATAR INDISPENSABILE

La risposta è semplice: del Qatar non si può fare a meno. O meglio, l’Unione europea e gli Stati uniti hanno deciso che è un paese strategico per la politica energica e non soltanto nell’area del Golfo. Dunque, ci saranno un po’ di strepiti in questi giorni, ma poi tutto continuerà come prima.

L’energia è un valido argomento per dimenticare in fretta le mazzette da 1,5 milioni di euro trovate nelle case di Kaili e Panzeri. Nel 2021 il Qatar è stato il fornitore più importante dell’Unione europea di gnl, il gas naturale liquefatto: la sua quota sul totale delle importazioni europee è stata il 24 per cento, subito dietro gli Stati Uniti (26 per cento) e prima della Russia (20 per cento, che esporta il resto attraverso i gasdotti).

Con la guerra in Ucraina, i paesi dell’Ue hanno iniziato a cercare alternativa al gas russo, tra febbraio e maggio 2022 l’import mensile di gnl dal Qatar è passato da 1 miliardo di metri cubi a 2,7 miliardi.

Il mercato di riferimento del Qatar è sempre stata l’Asia, ma anche grazie ai lockdown della Cina che hanno ridotto la domanda, Doha si sta orientando verso l’Ue.

La crisi russa ha risolto un problema strategico per il Qatar. Come ha ricostruito Per Paolo Raimondi dello Iai, il 60 per cento dell’export di gnl del Qatar non è vincolato da contratti oltre la fine del decennio, perché gli accordi di fornitura a lungo termine con i paesi asiatici (60 milioni di tonnellate per anno)  stanno scadendo.

La Germania se ne è già assicurata una parte, con un fulmineo accordo poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina e che vale 2,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno su 100 annui consumati dai tedeschi.

GRAZIE A PUTIN

Doha sa di avere tutto il potere contrattuale, nell’attuale contesto geopolitico. Proprio mentre Vladimir Putin ammassava truppe per invadere l’Ucraina, a metà febbraio 2022, l’antitrust europeo ha chiuso l’indagine durata tre anni su Qatar Energy.

La Commissione Ue sospettava che i contratti ventennali tra la società qatarina e gli importatori europei creassero distorsioni nel mercato dell’energia dell’Unione.

Una prova molto concreta che in questa fase Doha non si deve disturbare: il ministro dell’Energia Saad al-Kaabi aveva chiesto una dimostrazione di buona volontà e l’ha ottenuta.

Nelle stesse settimane, l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani è andato in visita anche alla Casa bianca da Joe Biden, per sfruttare il momento propizio dovuto alla bellicosità di Mosca. E anche lì ha ottenuto il riconoscimento del nuovo status del paese: il presidente americano ha indicato il Qatar come “major non Nato ally”, cioè lo ha classificato tra gli alleati strategici che non appartengono al blocco Nato.

Gli Stati Uniti, che pure ormai sono un concorrente diretto del Qatar nell’esportazione di gnl, hanno iniziato a guardare con crescente attenzione all’emirato nel 2013, quando Tamim Al Thani ha preso il posto del padre Khalifa, nel primo passaggio di potere pacifico della storia qatarina.

Nel 2014 il nuovo emiro affronta una prima crisi diplomatica con Arabia saudita, Emirati arabi uniti e Bahrain che contestano il supporto al gruppo islamista radicale dei Fratelli musulmani.

Nel 2017 la situazione degenera, i tre paesi, sostenuti anche da Egitto e Giordania, rompono le relazioni diplomatiche con Doha e impongono una specie di embargo commerciale che dura due anni.

Negli ultimi anni il Qatar è diventato uno snodo fondamentale degli interessi americani, che si tratti di dialogare con l’Iran senza esporsi, di preparare il (disastroso) passaggio di potere ai Talebani in Afghanistan o armare gruppi islamisti impresentabili in Siria per indebolire il dittatore Bashar al-Assad.

Che il Qatar sia un protettorato militare americano lo dicono i numeri. L’esercito qatarino conta 17.000 uomini ma nel paese ci sono in media tra gli 8 e i 10.000 soldati americani, in gran parte nella base di Al Udeid vicino Doha.

I contratti in essere di fornitura di armi da aziende americane al Qatar ammontano a 26 miliardi di dollari, con lo status di “major non-Nato ally”, che già avevano i suoi rivali regionali Bahrein ed Emirati arabi uniti, adesso il Qatar potrà acquistare anche armi prima precluse e impegnarsi in progetti di ricerca militare con gli Stati Uniti.

Tutto questo, a Washington e Bruxelles, vale molto più dei diritti umani violati nella preparazione del mondiale di calcio e anche molto più della corruzione di qualche europarlamentare.