Rischia di essere uno dei più grandi naufragi della storia quello avvenuto nelle prime ore di ieri al largo delle coste del Peloponneso, una quarantina di miglia nautiche a sud-ovest di Pylos. Mentre scriviamo sono stati recuperati 79 cadaveri e tratte in salvo 104 persone. Non esistono numeri certi sui dispersi, ma si tratta di centinaia di persone. E non ci sono speranze di trovarle in vita. Inizialmente le autorità greche avevano parlato di 400 migranti a bordo. Più tardi il governatore della regione Panagiotis Nikas, citando testimonianze dei sopravvissuti, ha dichiarato che sul peschereccio viaggiavano circa 750 migranti.

UNA CIFRA che corrisponde a quella comunicata dall’attivista Nawal Soufi e dal centralino Alarm Phone (Ap), che martedì avevano ricevuto delle telefonate da bordo. «La nave era sovraccarica, le persone ammucchiate sul ponte. Un numero esatto non può essere dato ma è certamente molto alto – ha detto il portavoce dei guardiacoste di Atene Nikolaos Alexiou – L’esterno era pieno di gente, presumiamo anche l’interno della nave».

Per trovare stragi di queste dimensioni, se il quadro sarà confermato, bisogna andare indietro di sette-otto anni. Il 18 aprile 2015 il più grande naufragio di migranti nel Mediterraneo: tra 800 e mille morti nel Canale di Sicilia. Altri 500 davanti alle coste di Zuwara quattro mesi dopo. Tra 200 e 400 partiti dall’Egitto ad aprile 2016.

SECONDO LE INFORMAZIONI disponibili il peschereccio aveva mollato gli ormeggi da Tobruk, città della Libia orientale. Proprio dalla Cirenaica si è registrato un forte aumento delle traversate: più della metà dei 22/23mila sbarchi provenienti dalla Libia, sul totale di 55mila del 2023, vengono dalla regione controllata da Haftar. «L’aereo di sorveglianza di Frontex ha rilevato l’imbarcazione martedì 13 giugno alle 9:47 e immediatamente informato le autorità competenti», ha twittato ieri pomeriggio l’agenzia europea. Senza specificare a quale autorità si riferisse.

Il ministero della Navigazione ellenico ha comunicato di aver ricevuto la notizia alle 11 (ora greca) dalla centrale operativa di Roma. Alle 13.50 ha fatto partire un elicottero che due ore dopo ha localizzato il barcone. Sono stati dirottati i mercantili che si trovavano in zona affinché fornissero cibo e acqua. Le autorità ribadiscono che il peschereccio «navigava con rotta e velocità costanti» e che ha rifiutato le offerte di assistenza manifestando la volontà di continuare il viaggio verso l’Italia. Alle 22.40 da Creta è partito un mezzo della guardia costiera, che dopo aver raggiunto il peschereccio è rimasto a osservarlo a distanza. All’1.40 il motore si è spento. Alle 2.04 ha iniziato a sbandare e si è ribaltato. Le condizioni del mare non erano proibitive, il vento soffiava a 7 nodi e l’onda era altra mezzo metro. È dunque probabile che terminata la spinta del motore le condizioni di sovraccarico siano state fatali per la stabilità del mezzo. Che a bordo ci fossero centinaia di persone e che questa fosse una condizione di estrema pericolosità, però, era ben chiaro alle autorità di Atene.

L’articolo 9 del regolamento Frontex 2014 afferma che quando un mezzo in situazione di incertezza, allarme o pericolo – le tre fasi di un caso Sar (ricerca e soccorso) – rifiuta l’assistenza l’unità di salvataggio deve «sorvegliare il natante e adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare l’incolumità delle persone». Effettivamente la motovedetta greca ha continuato a seguire il peschereccio, ma andrà approfondito se lo ha fatto predisponendosi a fronteggiare un possibile incidente o solo per monitorare il transito verso la zona di competenza italiana.

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Il timore della stiva piena di donne e bambiniINUSUALE È LA ROTTA che i migranti sembrano aver seguito, non proprio la più breve per arrivare in Italia. «A causa dei respingimenti sistematici le barche provano a evitare la Grecia, percorrendo rotte più lunghe», scrive Ap. In questo caso, però, potrebbe aver inciso soprattutto il timore di respingimenti dalla zona di competenza maltese: da lì il 23 maggio scorso 500 persone sono state riportate in Cirenaica.

«Ogni persona alla ricerca di una vita migliore merita sicurezza e dignità», ha twittato il segretario Onu António Guterres. «Questo naufragio è il segno che la nostra politica migratoria non funziona bene al momento. La cambieremo con il nuovo Patto», ha dichiarato la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson. La strategia europea però, più che su evitare i naufragi, è tutta concentrata sulla prevenzione delle partenze attraverso il sostegno alle autorità libiche da cui i migranti fuggono. Del resto è ampiamente dimostrato che ogni nuovo ostacolo ai movimenti di persone aumenta solo i rischi, a mare e in terra, e che nessuna legge può fermare un fenomeno di così ampia portata. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è detta «profondamente addolorata per la notizia del naufragio» e «molto preoccupata per il numero di persone scomparse». È la stessa von der Leyen che a marzo 2020 parlava di «Grecia scudo d’Europa» mentre la polizia del premier Kiryakos Mitsotakis sparava lacrimogeni sui rifugiati che tentavano di attraversare il confine di terra con la Turchia. E che nulla ha fatto sui tantissimi respingimenti collettivi documentati nell’Egeo.

«L’EUROPA CONTINUA a proteggere i confini e a difendersi da coloro che sono le vittime di un mondo ingiusto. È un’ecatombe annunciata», attacca il centro Astalli. Dure critiche anche dalle Ong attive lungo la rotta centrale. «Questa tragedia mostra due cose – afferma il portavoce per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Flavio Di Giacomo – È necessario come non mai un pattugliamento in alto mare e bisogna smetterla di ritardare gli interventi: tutti i barconi carichi di migranti vanno soccorsi immediatamente»