Dopo mesi di polemiche, non sempre fondate, sulla “generazione da divano” e sulla difficoltà per molte imprese di trovare personale disponibile, specialmente in estate proprio a causa della diffusione del reddito, il governo aveva infatti deciso un drastico taglio della misura-simbolo introdotta nel 2018 dall’esecutivo gialloverde presieduto da Conte ed esageratamente definita dall’allora leader del Movimento 5 stelle, “la cancellazione della povertà”. Altri tempi. La delegazione pentastellata affacciata al balcone della presidenza del consiglio davanti a una piccola folla. Serata epica, entrata, se non proprio nella storia, nella memoria indelebile di questi ultimi anni incredibili. Poi il vento è cambiato, tutt’insieme. Considerati gli abusi nelle richieste da parte degli aventi diritto, tal che in alcune parti del territorio c’erano comuni in cui ogni famiglia usufruiva del reddito, e qualche volta di più di uno; acclarato il mancato funzionamento del meccanismo che avrebbe dovuto far sì che i soggetti che ne usufruivano fossero prima o poi avviati al lavoro, cosa purtroppo raramente accaduta, Meloni e la ministra del Lavoro Calderone erano venute nella determinazione di limitare dal primo agosto la fruizione dell’aiuto solo alle famiglie con disabili o ultrasessantacinquenni a carico. L’annuncio aveva fatto sì che nei primi sei mesi del 2023 le domande di reddito di cittadinanza si dimezzassero, passando da quasi 900 mila a meno di mezzo milione: a conferma che in passato c’era stata una certa eccessiva larghezza nella concessione della misura, e che le richieste provenivano anche da chi riusciva a mascherare proventi che avrebbero dovuto impedire di spacciarsi per aspiranti in stato di necessità. Insomma, chi pensava a questo punto di non poterla più ottenere s’era ritirato.
Adesso però resta aperto il problema di coloro che già la ricevevano e da martedì, in attesa di essere presi in carico dai servizi sociali, dovranno trovare un altro modo di sopravvivere, nel bel mezzo di un’estate calda per ben altre ragioni. Dopo la questione del salario minimo, di cui aveva chiesto la cancellazione salvo ricredersi in extremis perché riguardava anche una parte dell’elettorato di destra, Meloni e l’anima “sociale” del suo partito e del suo governo sono messe nuovamente alla prova. In fondo, buona parte dei fruitori del sussidio vivono in quelle periferie, quelle borgate, quei paesi dimenticati, dove Fratelli d’Italia a settembre ha avuto eccezionali performances elettorali: e non per voto di scambio o per promesse clientelari, ma perché quando uno è disperato, sfiduciato e disilluso, gioca l’ultima carta, che in questo caso era “Giorgia”. Adesso, per “Giorgia”, se non troverà subito un rimedio, c’è il rischio che l’area della povertà, certamente non abolita, ma attutita almeno sì dal reddito, si risvegli in agosto e prema su Palazzo Chigi, alle soglie di una stagione che si presenta tutt’altro che semplice dal punto di vista economico.