Il grande sociologo racconta come sono cambiate le relazioni internazionali e la condizione dei popoli messi a dura prova dalla complessità: tecnologica, economica, scientifica
Come ho più volte avuto modo di dire e scrivere, Mauro Ceruti è uno dei rari pensatori del nostro tempo ad avere compreso e raccolto la sfida che ci pone la complessità dei nostri esseri e del nostro mondo. Attraverso le sue idee e attraverso anche una generosa attività organizzativa, è stato l’infaticabile tessitore di una straordinaria e creativa comunità di pensiero internazionale e transdisciplinare. È stato fra l’altro il promotore e l’ispiratore, con Gianluca Bocchi, dello splendido simposio “La sfida della complessità”, tenutosi a Milano nel 1984, nonché dello storico simposio “Physis: abitare la Terra” tenutosi a Firenze nel 1986, momenti seminali e decisivi per lo sviluppo del pensiero complesso. Il suo pensiero contiene e intreccia sempre, nutrendosene, tre passioni: la passione filosofica per la teoria della conoscenza, la passione politica e civile per l’Europa, la passione etica e pedagogica per il destino dell’umanità. Commentando, nel 1986, il suo libroIl vincolo e la possibilità , divenuto ormai una pietra miliare dell’epistemologia sistemica, osservavo che la scienza classica poteva riconoscere la razionalità solo nella necessità e poteva considerare il caso solo irrazionale, e che Mauro ci invitava a esplorare una serie di trasformazioni concettuali concernenti le nostre concezioni teoriche, e indicava la via per arricchire e rendere complessa la nostra visione della raziona-lità.
La sua convinzione, che io condividevo e da parte mia sviluppavo neIl Metodo ,era che la vera posta in gioco della nostra modernità fosse un rinnovamento della problematica scientifica e della problematica epistemologica in grado di raccogliere la sfida della complessità. E a raccogliere questa sfida abbiamo entrambi dedicato questi decenni. Questa sfida, per Mauro, emerge proprio dalle viscere della storia e della civiltà europea, e all’Europa si pone oggi dinanzi come compito ineludibile. Egli mostra, nei suoi discorsi e nei suoi libri, che per pensare l’Europa non si può dissociare la sua molteplice diversità dalla sua unità, indicando che l’Europa da edificare (se ciò sarà ancora possibile) dovrà essere quella dell’unità nella multiculturalità. Presentando l’edizione francese del nostro libro La nostra Europa ,nel 2014 scrivevo che era «l’opera di due spiriti fratelli, quello di Mauro Ceruti e il mio: io mi ritrovo in lui come lui si ritrova in me». Insieme, in quel libro, abbiamo lanciato l’allarme.
L’Europa, focolaio di grandi civiltà e capace di integrare in essa etnie molto diverse, nella sua ambivalenza ha sperimentato due malattie specifiche: la purificazione unificatrice e la sacralizzazione delle frontiere. Dopo la catastrofe delle due Guerre mondiali che l’avevano portata sull’orlo dell’abisso, l’Unione Europea ha permesso l’integrazione polietnica delle piccole nazioni monoetniche e ha teso dunque a eliminare la malattia della purificazione. Inoltre ha prodotto una desacralizzazione delle frontiere.
Tuttavia, in Europa oggi appare lo spettro di una nuova purificazione, contro migranti la cui condizione è gravemente minacciata, così come contro migranti impietosamente respinti. E così abbiamo levato la nostra voce contro l’idea di una «fortezza Europa»: tanto più che l’Europa è nata da migrazioni, dalla preistoria fino ai tempi storici; tanto più che il suo «avanzo miserabile» è emigrato nelle Americhe; e tanto più che sono le devastazioni dello sviluppo imposto all’Africa a spingere gli africani proletarizzati a venire in Europa.
E abbiamo altresì stigmatizzato l’ultimo ostacolo all’Unione Europea, che viene dagli Stati europei stessi, i quali hanno accettato di abbandonare le loro sovranità economiche, ma resistono all’abbandono delle loro sovranità politiche assolute, allorché i problemi vitali e fondamentali che essi devono affrontare richiedono, per la loro stessa natura, la perdita di questo assolutismo. È in questo contesto che il pensiero complesso di Mauro Ceruti viene in soccorso. Egli mostra, infatti, che il problema essenziale, quello di comprendere il nostro tempo, è un problema matrioska che contiene in sé altri problemi, ciascuno dei quali contiene a sua volta altri problemi… Comprendere il nostro tempo significa infatti comprendere la mondializzazione che trascina l’avventura umana, divenuta planetariamente interdipendente, fatta di azioni e reazioni, in particolare politiche, economiche, demografiche, mitologiche, religiose; significa cercare di interrogare il divenire dell’umanità, che dai motori congiunti scienza/ tecnica/economia è spinto verso un “uomo aumentato” ma per nulla migliorato, e verso una società governata da algoritmi, tendente a farsi guidare dall’intelligenza artificiale e, nello stesso tempo, a fare di noi delle macchine ba-nali. Nel contempo, questi stessi motori scienza/tecnica/ economia conducono a catastrofi a loro volta interdipendenti:degradazione della biosfera e riscaldamento climatico, che portano a immense migrazioni; moltiplicazione delle minacce mortali con l’incremento delle armi nucleari, delle armi chimiche e con la comparsa dell’arma informatica, capaci di disintegrare le società. Tutto ciò provoca angosce, ripiegamenti su se stessi, deliranti fanatismi. Così incombono, da un lato, l’inumanità del “migliore dei mondi” e, dall’altro, la barbarie di una situazi one alla Mad Max ,risultante da una mega-catastrofe planetaria. Il problema dell’avventura umana ci pone il quesito: che cos’è l’umano? Ma la natura della nostra propria identità, come Mauro ha continuamente osservato, non è per nulla insegnata nelle nostre scuole, e dunque non è riconosciuta dalle nostre menti. Tutti gli elementi utili per riconoscerla sono dispersi in innumerevoli scienze (comprese le scienze fisiche, poiché noi siamo anche macchine fisiche fatte di molecole a loro volta fatte di atomi) e anche nella letteratura, che nei suoi capolavori rivela le complessità umane.
Il problema dell’identità umana include in sé il problema della Natura. Questo è presente in modo vitale non solo nell’ambiente, ma anche all’interno della stessa identità umana, la quale porta in sé il problema della natura a un tempo fisica e cosmica. L’umano non è infatti solo un elemento singolare nel cosmo, porta il cosmo al proprio interno. Non è soltanto un essere singolare nella vita, porta la vita dentro di sé. Così, di passo in passo, l’interrogazione si amplifica e si moltiplica. E così, fin dagli esordi della sua ricerca, Mauro ha mostrato quanto abbiamo bisogno di una conoscenza transdisciplinare, capace di estrarre, assimilare e integrare le conoscenze ancora separate, compartimentate, frammentate. E quanto abbiamo appunto bisogno di un pensiero complesso, cioè capace di legare, di articolare le conoscenze, e non soltanto di giustapporle. Tutta la sua opera è animata dalla preoccupazione di comprendere la complessità umana, cosa che richiede non di isolare l’umano, ma di situarlo nei suoi contesti cosmici, fisici, biologici, sociali, culturali e ormai anche nella comunità di destino planetario. La sua opera ha stimolato un ampio dibattito internazionale in molti domini di ricerca, quali la psicologia clinica, la pedagogia, le scienze cognitive, ma anche le scienze dell’organizzazione, l’architettura, l’antropologia, la sociologia… E il presente volume è testimonianza di questa sua originale influenza in molteplici campi disciplinari. Mauro Ceruti ha delineato un percorso filosofico che raccoglie la sfida della complessità posta dal nostro tempo; ha delineato una prospettiva antropologica dalla quale l’identità umana emerge come identità evolutiva e irriducibilmente multipla, attraverso l’intreccio di molteplici storie; ha mostrato come il nostro tempo renda ineludibile pensare insieme, e non in opposizione, identità e diversità; ha motivato l’urgenza di una riforma dell’educazione capace di valorizzare le diversità individuali e culturali, e volta nel contempo a integrare la frammentazione dei saperi. Con i suoi scritti pedagogici ha contribuito in maniera significativa alle tre riforme della conoscenza, del pensiero, dell’insegnamento e, soprattutto, ci ha stimolato a tracciare connessioni fra queste tre riforme. E affermando l’urgenza vitale di “educare all’era planetaria”, ha delineato una prospettiva che ci aiuta a orientarci inquesta nostra età di mutamenti, prodotti dal vortice della globalizzazione. Una prospettiva che, per la sua originalità, disegna l’orizzonte per pensare la riforma della scuola nel tempo della complessità, in cui tutto è connesso.
Il risultato è un’appassionata riflessione sulla condizione sempre più ambivalente dell’umanità contemporanea, di cui, con lucidità e capacità visionaria, ha saputo mettere in evidenza i rischi inediti, ma anche le grandi e altrettanto inedite opportunità. L’idea di fondo della sua filosofia è che l’umanità è costitutivamente incompiuta, anche come specie. E che costitutivamente incompiute e molteplici sono le sue manifestazioni, individuali e culturali. Perciò la sfida per il futuro, in pericolo, dell’umanità è elaborare la coscienza di una “comunità di destino” di tutti i popoli della Terra, nonché di tutta l’umanità con la Terra stessa. Mauro disegna l’orizzonte di un nuovo umanesimo planetario, che potrà nascere solo dall’incontro fra le diverse culture del pianeta, dalla capacità di pensare insieme unità e molteplicità, dalla capacità di connettere le diversità individuali e collettive della specie umana, senza appiattirle e dissolverle, perché solo valorizzando le diverse esperienze umane presenti e passate sarà possibile rigenerare un creativo processo di coevoluzione con il pianeta Terra, nostra unica patria vagante nell’immensità del cosmo. Probabile? No. Possibile? Forse. Nell’immagine della storia delineata da Mauro Ceruti, l’insieme delle possibilità evolutive non è statico e predeterminato: l’universo del possibile si rigenera ricorrentemente, in modo discontinuo e imprevedibile. Mauro pensa, come Blaise Pascal, che l’identità umana è auto-trascendenza: «l’homme passe infiniment l’homme”. Perciò, scrive in conclusione del suo libro Il tempo della complessità «l’identità della specie umana contiene la possibilità, per quanto improbabile, della emergenza di una nuova umanità.
La condizione umana nell’età globale ha in sé la possibilità di una vera universalizzazione del principio umanistico. E trasformare il dato di fatto dell’interdipendenza planetaria nel processo di costruzione di una “civiltà” della Terra, promuovendo un’evoluzione verso la convivenza e la pace, è il compito difficile e addirittura improbabile, ma allo stesso tempo creativo e ineludibile, che ci è posto dalla sfida della complessità, dalla sfida di far nascere l’umanità planetaria. In occasione della pubblicazione di questo volume dedicato alla sua opera, mi piace rinnovare il mio personale omaggio allo spirito potente, creativo e per me fraterno di Mauro Ceruti.