Il dilemma è evidente e la risposta meno scontata di quello che potrebbe sembrare: mettere in sicurezza le nomine cruciali, a cominciare dalla Banca d’Italia, prima delle elezioni 2023 e con Mario Draghi a palazzo Chigi, o lasciarle alla prossima legislatura e al prossimo parlamento, sapendo che nel migliore dei casi sarà un governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia e nel peggiore un’accozzaglia instabile?

Da giorni si discute dell’ipotesi di dimissioni anticipate del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, il cui mandato scade a fine 2023.

Se lasciasse subito, Draghi (ex governatore di Bakitalia, tra l’altro), il presidente Sergio Mattarella e questo parlamento potrebbero guidare una successione al riparo dalle dinamiche elettorali. Che scusa potrebbe trovare Visco per lasciare?, si chiedono molti.

La domanda è mal posta: se lo scopo è sottrarre la guida della Banca d’Italia allo spoil system, non servono giustificazioni di copertura. Meglio dirlo esplicitamente.

DOPO VISCO

I candidati alla successione non mancano: scalpita Fabio Panetta, membro italiano del board della Bce, ha l’anzianità e i titoli Daniele Franco, ministro dell’Economia ed ex direttore generale di Bankitalia.

Oppure c’è Marco Buti, capo di gabinetto del commissario europeo Paolo Gentiloni, già a capo della direzione Economia e finanza della Commissione, in predicato di guidare il fondo salva Stati Mes.

Mettere Panetta significherebbe sancire che Bankitalia è un’appendice periferica della Bce, Buti darebbe un profilo europeo ma è stato uno dei protagonisti dell’austerità contabile un decennio fa, per Franco un passaggio diretto dal governo a un’autorità indipendente sarebbe poco coerente con la necessità di Bankitalia di proteggersi dalle ingerenze politiche.

Tutti e tre sarebbero adeguati al ruolo – peraltro sempre più ridotto – che Bankitalia esercita nell’economia italiana, braccio esecutivo della Bce, con la quale condivide anche la vigilanza sul sistema bancario. Il punto è se le dimissioni di Visco sarebbero un esproprio del prossimo parlamento e governo delle proprie prerogative o un modo di mettere in sicurezza il sistema.

Le decisioni della Corte suprema americana, politicizzata su posizioni di destra netta e reazionaria, indicano che chi prende il controllo degli organismi non soggetti a controllo elettorale ottiene risultati di lungo periodo superiori a quelli alla portata di qualunque maggioranza parlamentare.

La grigia parabola di Paolo Savona alla Consob, ricordato solo per le gaffe, i conflitti di interesse e le uscite poco appropriate, è un monito a quello che può succedere quando partiti senza classe dirigente (ieri Lega e Cinque stelle, domani Fratelli d’Italia) cercano di spartirsi poltrone per le quali non hanno candidati all’altezza.

Quindi, sostituire Visco adesso invece che nel 2023 sarebbe una mossa legittima e rivendicabile e con tutte le garanzie costituzionali del caso, visto che non si tratta di spoil system anticipato, ma di una nomina vidimata dal presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio che deve ottenere l’approvazione del Consiglio dei ministri.

LA SVOLTA ATTESA

Va peraltro ricordato che Visco sta terminando un secondo mandato frutto esattamente di scontri politici intorno a Bankitalia: dopo aver visto scoppiare sotto la sua gestione le più gravi crisi bancarie della storia recente, non senza responsabilità dell’istituto almeno in scarsa efficacia preventiva, Visco era pronto a godersi la pensione.

Un esplicito attacco parlamentare scatenato dalle truppe di Matteo Renzi – per un regolamento di conti che riguardava Banca Etruria,  Maria Elena Boschi e altre appendici del renzismo – aveva costretto il premier Paolo Gentiloni e Mattarella a confermare Visco. Ma soltanto per evitare di dare l’impressione che il vero potere di nomina lo avesse Renzi.

Un governatore di livello e con un mandato lungo in Bankitalia sarebbe una garanzia anche per il prossimo esecutivo. Gli investitori internazionali, inutile negarlo, sovrastimano l’effetto di Mario Draghi sul sistema politico e sulle riforme e hanno aspettative esagerate del caos che potrebbe seguire alla sua uscita dal governo, con visioni apocalittiche in caso di un esecutivo guidato da Giorgia Meloni o di una coalizione tanto larga quanto litigiosa.

Aggiungere allo scenario post-elettorale anche il rischio di una nomina sbagliata in Bankitalia, qualcuno che sembri troppo legato alla politica o troppo inadeguato, diventerebbe benzina sul fuoco dello spread, con il rischio di limitare ulteriormente le possibilità di azione del prossimo esecutivo e del prossimo parlamento.

La gestione Visco non lascerà rimpianti, mettere subito qualcuno di esterno, con una cultura diversa, capace di reinventare un po’ la Banca d’Italia sarebbe anche un’ottima cosa per tutta via Nazionale. Tra Panetta, Franco e Buti, quest’ultimo almeno porterebbe qualcosa di più che la garanzia della continuità.