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6 Settembre 2022Putin: niente gas finché restano le sanzioni le Borse perdono 58 miliardi, a picco l’euro
DALL’INVIATO A BRUXELLES
I flussi nel gasdotto Nord Stream non riprenderanno regolarmente «fino a quando l’Europa non avrà tolto le sanzioni». Il ricatto del Cremlino è arrivato ieri, nel giorno in cui il prezzo del gas ha registrato un’impennata del 30% all’apertura delle contrattazioni. Venerdì sera Gazprom aveva comunicato la chiusura totale dell’impianto che porta il metano in Germania. Ufficialmente per lavori di manutenzione: a causa delle sanzioni adottate dall’Unione europea – questa è la giustificazione – mancano i pezzi di ricambio e quindi il gas non può scorrere nei tubi.
I vertici Ue sono però convinti che si tratti di una scusa e che la chiusura dei rubinetti sia solo una rappresaglia dopo le aperture di Bruxelles all’imposizione di un tetto massimo al prezzo del gas russo. «Putin sta usando l’energia come un’arma, tagliando l’offerta e manipolando i nostri mercati energetici – continua a ripetere Ursula von der Leyen –, ma fallirà e l’Europa prevarrà». Il problema è che ormai si è innescato un circolo vizioso: il prezzo del gas aumenta, l’Europa si prepara a introdurre un tetto al prezzo di quello russo e Mosca taglia le forniture, provocando un’ulteriore impennata dei prezzi. E non ne risente solo il mercato del gas (che ieri ha chiuso a 245 euro per Megawattora, in rialzo del 14,5%): ieri è stata una giornata nera per le Borse europee, con perdite superiori al 2% per Milano e Francoforte (situate nei due Paesi che più temono i contraccolpi di un inverno senza il gas russo), che lasciano sul terreno 58 miliardi di euro di capitalizzazione. Male anche l’euro, che per la prima volta in 20 anni è sceso a 0,99 dollari, per poi chiudere comunque sotto la parità con la moneta americana.
Accanto al problema dei prezzi c’è poi quello delle forniture. I Paesi europei, soprattutto quelli più dipendenti dal gas di Mosca, riusciranno a sopportare il taglio? Mentre in Italia il governo di Mario Draghi è al lavoro sulle soluzioni tecniche per frenare i prezzi e la politica è impegnata nella campagna elettorale, Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno siglato un patto. In caso di necessità, la Francia fornirà il gas al vicino tedesco, che ricambierà in energia elettrica. Lo ha annunciato lo stesso Macron, rivendicando stoccaggi pieni al 92-93%. Il presidente francese si è anche detto favorevole al “price cap” sul gas russo e agli acquisti congiunti di metano. Berlino intanto ha confermato uno slittamento nella chiusura delle centrali nucleari: due impianti su tre saranno tenuti in funzione almeno fino ad aprile per far fronte a un’eventuale emergenza. Come in ogni crisi che si rispetti c’è poi chi cerca di trarne vantaggio: l’Iran si è detto pronto a fornire più gas e più petrolio all’Europa. A patto ovviamente che ci sia una revoca delle sanzioni. Ma un’intesa sul Jcpoa sul nucleare iraniano non è affatto in vista, come ha ammesso ieri l’Alto Rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell.
Intanto iniziano a esserci segni di fibrillazioni anche sul mercato del petrolio. Venerdì il G7 aveva annunciato un accordo per fissare un tetto al prezzo del petrolio russo e ieri i Paesi dell’Opec e i loro alleati (Opec+, di cui fa parte anche la Russia) hanno deciso di tagliare di 100 mila barili al giorno la produzione a partire da ottobre, tornando così ai livelli di agosto. Una mossa per sostenere il prezzo – subito salito del 4% – che segna una netta inversione di tendenza dopo 18 mesi di crescita della produzione. La decisione non è piaciuta alla Casa Bianca: «Le forniture di energia devono venire incontro alla domanda per sostenere la crescita economica e abbassare i prezzi per i consumatori americani e mondiali».
Le incognite sul mercato energetico si moltiplicano e nel Nord Europa c’è già chi teme «una Lehman Brothers dell’energia». Durante il weekend, i governi di Svezia e Finlandia hanno adottato provvedimenti d’urgenza per mettere a disposizione delle loro utility, attraverso finanziamenti e garanzie, fino a 33 miliardi di euro in modo da tenerle al riparo dalle turbolenze del mercato. MA. BRE.