IL TACCUINO
Marcello Sorgi
Sarà un raduno sovranista e più delle ultime volte Salvini cercherà di fondere l’anima leghista con quelle dei partiti e movimenti estremisti che in questa stagione politica vincono nei rispettivi Paesi, pur senza riuscire ad andare al governo. Ci saranno il premier ungherese Orban, l’olandese Wilders, il portoghese Ventura. Marine Le Pen forse si collegherà. Il Capitano avrebbe voluto anche l’austriaco Kickl, ma è difficile che il leader del partito eletto al primo posto nel voto di domenica possa sbilanciarsi. Sarà un’assemblea dei Patrioti, il nuovo gruppo che riunisce all’Europarlamento tutte le forze di destra estrema, e Salvini proverà a diluire nel successo degli altri le sue (finora) sconfitte nel tentativo di trapiantare anche in Italia gli argomenti con cui i sovranisti trionfano altrove.
Se si eccettua l’immigrazione clandestina, materia sempre sensibile per un elettorato di destra che sta con gli occhi aperti e monitora il numero degli sbarchi, i temi che in Europa hanno fatto presa e innalzato al successo i leader che sanno servirsene, in Italia non attecchiscono molto. E a parte il fatto che su questo terreno la mossa più efficace – ancorché tutta da realizzare – l’ha fatta Meloni, con l’accordo con l’Albania per espatriare i migranti in eccesso, la polemica anti-europea, il rifiuto della moneta unica, il “no” alla Difesa comune (mescolato a un pacifismo che sfocia spesso nella sostanziale difesa degli interessi di Putin), insomma tutto ciò che ha spinto Afd (ma non soltanto) a risultati imprevedibili in Germania, da noi non muovono più di tanto l’attenzione degli elettori. Se così non fosse, Salvini che aveva raggiunto il massimo di popolarità nel 2014, ormai dieci anni fa, con il risultato “storico” del 34 per cento, non languirebbe oggi attorno all’8, da cui tra l’altro andrebbero sottratti i due punti e mezzo del più di mezzo milione di preferenze del generale Vannacci, oggi con un piede dentro e uno fuori dal Carroccio.
Ma il Capitano è pragmatico: grazie alla Pontida sovranista e al battage sul processo di Palermo in cui rischia una condanna a sei anni proprio per la linea dura anti-immigrati applicata quand’era ministro dell’Interno, prepara la rinvincita all’interno del suo partito, che da tempo ormai mugugna contro di lui.