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di Redazione Economia
Il Ministero dell’Economia accelera nel percorso di privatizzazione delle sue quote del Monte dei Paschi di Siena. Subito dopo la chiusura dei mercati il Mef ha annunciato l’avvio del processo di selezione per individuare dei consulenti finanziari e legali che l’assisteranno nel trovare le “migliori modalità di dismissione” della partecipazione di controllo nella Banca e forniranno un supporto in tutte le fasi di attuazione dell’operazione.
Il Tesoro detiene al momento il 64,2% delle azioni dell’istituto di credito, salvato dal fallimento a fine 2017. Nel giorno della scadenza dell’aumento di capitale, a seguito del non raggiungimento della soglia prevista, il Governo, decise di subentrare nell’azionariato. Con quell‘intervento lo Stato aveva cercato di evitare che le difficoltà ipotetiche di un intermediario (come quelle che emergono da una prova di stress) si traducessero in difficoltà effettive, con conseguenze per l’intermediario stesso e per la complessiva stabilità del sistema finanziario.
Nel testo della Nadef il governo parla di un percorso di “dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, rispetto alle quali esistono impegni nei confronti della Commissione europea legati alla disciplina degli aiuti di Stato” elencando le misure per la riduzione del rapporto debito/Pil. Nelle scorse settimane erano emerse nuove voci su una possibile alienazione delle quote di Mps. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva subito commentato: “L’obiettivo è di fare politica industriale. Mps può rappresentare una leva per costituire un polo forte. Non abbiamo necessità di fare cassa subito”. Ribadendo che eventuali privatizzazioni “le decide il ministro dell’Economia”. E che “Mps è una storia di un grande successo italiano, una banca solida, pensiamo alla situazione ereditata anche solo due anni fa”.
I conti della banca appaiono in miglioramento. A fine 2022 la Bce ha rimosso il divieto di distribuzione di dividendi, sostituendolo con l’obbligo di ottenere la preventiva autorizzazione da parte dell’Autorità di Vigilanza. Il governo non nasconde dunque la suggestione di aggregare attorno ad Mps un terzo polo bancario, che possa competere con i due colossi Unicredit ed Intesa, unendo istituti di credito sparsi sul territorio nazionale. Un’operazione che non si annuncia semplice.
A settembre Banco Bpm ha frenato rispetto all’ipotesi di una eventuale fusione. Mentre a giugno scorso anche Bper Banca aveva negato questa possibilità. Il percorso di dismissione della partecipazione prevedeva si partisse nel 2020, poi la pandemia di Covid ha cambiato i piani. Nell’estate del 2021 Unicredit aveva avanzato una proposta, ma a fine ottobre dello stesso anno i negoziati con il Mef erano stati interrotti. Secondo la Stampa, è possibile anche la liquidazione in Borsa.